6 Ottobre 2021 – Cosa vuol dire meditare? E come farlo?

Diario Aperto - Paolo Cuciniello - Storie e Riflessioni

Aprendo il diario oggi avevo una chiara e precisa idea di cosa e come volevo scrivere questa pagina del 6 Ottobre, ma seduto qui ora difronte al computer tutto è svanito. Sono in silenzio e in uno “stato meditativo” da qualche ora ormai. Sorrido pensando a come la maggior parte delle volte neanche riusciamo a stare seduti a tavola composti per più di qualche minuto, o seduti “senza fare nulla”, quando quella voglia di dover fare qualcosa arriva e ci porta a prendere il cellulare anche solo per vedere l’ora, ad esempio. È difficile stare con noi stessi, vero? Quei pensieri, quei ricordi passati, quei piani futuri, quelle immagini di cose fatte o quelle parole di cose dette o non dette… il modo in cui tutte ci arrivano in un solo istante stando in silenzio con noi stessi. Credevo meditare volesse dire lasciar andare tutto ciò che arriva finché tutto ciò che arriva poi smette di arrivare. Invece mi sbagliavo. Meditare è vedere e accettare quelle cose mentre arrivano. Non lasciarsi toccare e semplicemente vederle passare. Perché se siamo capaci di stare fermi quelle cose passano da sole; non hanno bisogno che le lasciamo andare, semplicemente vanno. E pensando a ciò, penso anche a ciò che ho letto di recente a proposito di Thich Quang Duc. Probabilmente molti di voi non conoscono questo nome… non lo conoscevo neanche io fino a qualche giorno fa. Era un monaco Buddhista di 67 anni del Viet Nam che si è dato fuoco nel 1963 in un incrocio di una delle strade più trafficate di Sai Gon (in Viet Nam, appunto). I motivi erano vari considerando i tempi; il regime corrotto di chi governava il sud del paese in quel momento, le uccisioni per la non libertà di pensiero e di espressione, le bombe a mano lanciate sui monaci Buddhisti durante le loro marce pacifiste, la guerra, e chi più ne ha più ne metta… (Basta una ricerca online, non voglio stare qui a copiare e a incollare da altri siti per cui ho detto quanto so e va bene così). Thich Quang Duc.

I buddhisti dicono che soffrire è come essere colpiti da due frecce. La prima rappresenta il ‘dolore fisico’; la freccia che penetra la pelle e poi la carne, il corpo. La seconda rappresenta il “dolore mentale”; il significato e le emozioni dell’essere colpiti, le storie che nascono e girano, e rigirano, nelle nostre teste durante il corso della nostra vita sul perché ci è accaduto cosa ci è accaduto… se ce lo siamo meritati o meno. E la maggior parte delle volte la seconda freccia fa più male; la maggior parte delle volte il dolore mentale è molto peggio di quello fisico e la maggior parte delle volte dura anche di più. I buddhisti dicono (credo), che attraverso la pratica della meditazione, potessimo allenarci ad essere trafitti solo dalla prima freccia, potremmo renderci invincibili da ogni dolore mentale ed emozionale. Suona bello, vero? Quanto ci piacerebbe? Ma quanto facciamo per far sì che sia così? Noi che ci lamentiamo anche solo per il pianto di un cane la notte in strada, noi che ci lamentiamo anche solo per la sveglia che suona al mattino il lunedì. Potessimo allenarci ad essere trafitti solo dalla prima freccia… chissà cosa volevo dire. Ho scritto senza rendermi conto di cosa ho scritto ed ora tornando in me mi viene da dire che mentre non possiamo controllare il dolore, possiamo decidere, perché ne abbiamo il potere, se soffrire o no. Quel monaco di certo sentiva dolore eppure non si è mosso un istante. Non ha detto AH! Non ha aperto un occhio, non ha gridato, non ha pianto. È restato immobile finché non è tornato in vita lasciando questo mondo… cambiandolo.

E noi ci riusciamo a stare fermi?

Tu ci riesci?

Perché quella è la via… quella è la risposta.

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