Ho appena finito di ripulire email, messaggi, foto, applicazioni e conversazioni dal telefono. Ero un po’ riturbante all’inizio perché mi ritrovo a farlo ogni settimana e ho cominciato col pensare che non serve a niente. Ma se fare ciò mi fa sentire meglio e so già che fare ciò non mi farà perdere poi del tempo prezioso in settimana con distrazioni, perché no?!? Dopotutto una ripulita va fatta di tanto in tanto per sentirci più freschi e “nuovi” … altrimenti potremmo farci una doccia ora e non farla più fino all’anno prossimo… è la stessa cosa, dopotutto.

Nel cancellare una conversazione in particolare poi, mi è venuto da pensare una cosa… e sto scrivendo questo senza averne parlato prima col diretto interessato per cui chiedo scusa se in questo momento stai leggendo e ti senti chiamato in causa… ma mi sentivo di fare così. Avevo i cazzi miei anch’io in quel momento e non ti ho detto nulla e non credo ci sia bisogno di riportare a galla la cosa ora. Ti voglio bene e lo sai ed essere amici vuol dire pure accettare quando si hanno le scatole girate, per cui, è tutto ok…

Avevo chiesto una cosa, un’informazione. Banale o meno che sia, era comunque un’informazione che al momento non avevo. La risposta è stata che potevo cercare su Google. Giusta osservazione in effetti, potevo cercare su Google invece che chiedere ad un essere vivente, vivo e vegeto. Ma non è poi così per ogni cosa, in fondo, penso. Non basterebbe un porno per masturbarsi piuttosto che un’amica? Non basterebbe navigare sui social piuttosto che chiamare qualcuno e chiacchierare? Non basterebbe studiare la storia su Wikipedia piuttosto che andare a scuola? Non basterebbe leggere i libri degli altri piuttosto che scriverne uno proprio? Tanto è stato già comunque tutto detto! Non basterebbe prendersi una laurea online? O perché prendersi una laurea a prescindere… tanto c’è già tutto online comunque. A che serve sapere cos’è questo e cos’è quello? È già tutto saputo… basta cercare su Google! Perché andare dal meccanico se su YouTube puoi trovare un tutorial? Perché andare a prendere un caffe al bar quando puoi fartelo da te? Addirittura puoi farti la birra da te e bertela direttamente a casa. Perché parlare di quello che ti è successo durante la giornata con il partner, quando ci sono così tanti psicologi? Perché parlare persino con gli psicologi, quando se cerchi online puoi diventarne tu stesso uno e puoi risolvere tutto parlando da solo, addirittura…

Non lo so… forse sono fesso e stupido io, ma menomale che è così. Perché mi viene in mente il ricettario di mamma che ha scritto con milioni di prove ed esperimenti… e milioni di storie e di ricordi, e penso… che se non so come fare il tiramisù preferisco chiamare lei, chiederglielo e parlarle, piuttosto che cercare su Google: come fare il tiramisù.

Non ho idea di cosa ho scritto fino ad oggi; ho tutto sulle note del telefono e ancora non lo accendo per dargli un’occhiata. Ma stamattina sono al computer e dopo qualche giorno in cui non sapevo dove fossi, ora lo so. Quella voce che continuava a ripetermi di farlo perché tanto non sarebbe successo nulla è tornata, in quei giorni. Continuava a parlarmi. Continuava a farlo. Stavo cominciando col crederle e per due volte in quattro giorni la stavo anche seriamente ascoltando. Sogni di memorie passate o mai accadute mi passavano davanti agli occhi, in più, in quelle due ore a notte in quei giorni, in cui riuscivo ad addormentarmi. Mi facevano risvegliare male, triste.

Strano come la notte può condizionarti così tanto il giorno. Strano come un giorno può condizionarti così tanto una vita. Eppure è ovvio. Eppure ce lo dimentichiamo. Ogni singola scelta che prendiamo e facciamo ci porta a conseguenze e altre scelte e altre azioni che nel tempo diventano noi. Per cui ovvio che una scelta di un minuto in un giorno può condizionarci la vita. Mettere su le scarpe da corsa e andare a correre piuttosto che controllare le email appena svegli, leggere anche solo una pagina di un libro invece di aprire i messaggi o i social stando in metro, decidere di sentire una canzone per darci la carica, piuttosto che stare a pensare a quanto siamo stanchi il primo giorno della settimana in ufficio, prendere per pranzo qualcosa che ci da energia da mangiare piuttosto che qualcosa che ci abbuffa e ci da sonnolenza. Tutte queste piccole scelte ci portano a delle conseguenze che portano ad altre scelte che nel tempo portano a definire chi siamo.

Chi sei?

Io, ora.

E dov’eri?

Non ha importanza. Perché so che sono qui, adesso.

Oggi il piano è di mettere insieme queste “pagine” di diario e cominciare a caricarle sul blog. Devo capire come dividerle ma verrà da sé nel momento in cui le raccoglierò e aprirò il blog. L’importante è cominciare a fare la scelta giusta… il resto verrà da sé.

Che strano. Stamattina mi sono svegliato “triste” e “nostalgico”, tra ricordi e sogni di cose mai accadute, o forse sì. Tra la mia gente. Tra la mia gente che veniva a trovarmi qui. Tra la mia gente con cui ero da qualche parte altrove. Che strano. Perché neanche so se più esiste la mia gente. I tempi cambiano. Le persone cambiano. Le cose cambiano. Ed io ancora perso da tre giorni non riesco a trovare la strada di casa e neanche ho voglia di trovarla.

Dove sei?

Dove sono?

Mi viene in mente un ricordo delle superiori. A pensarci bene anche delle medie forse. A proposito delle pagine bianche. Ogni qual volta bisognava scrivere un tema, un compito in classe, un compito a casa, se non mi sentivo di farlo perché appunto avevo “pagine bianche” in testa, non lo facevo. Mi dispiace professoressa, avevo la testa vuota, dicevo. Qualcuna di loro capiva e mi rispondeva: va bene. Quando ti viene scrivilo. Qualcun’altra si arrabbiava, ma poco importava. L’arte è così. Se viene viene. Altrimenti…

Oggi sono meno propenso allo scrivere. Non so perché. Ho già messo tanta energia nella mattinata e mi sento come se avessi poco da dire. Poco da far scorrere. Vuoto?! Ma in pace. Mi sono svegliato più tardi del solito perché oggi faremo i turisti e allora di sicuro guideremo e cammineremo tanto. Ma sono comunque andato in spiaggia per una corsa e una nuotata. Ho portato il telefono con me addirittura. Non so perché. Generalmente non mi piace portarmelo appresso e questo sento mi abbia condizionato un po’, inizialmente. Poi, seduto alla riva, mi sono ricordato perché l’ho fatto. Perché l’ho portato. Oggi è 29 Agosto. Ho visto la data aprendo il telefono per fare una story per Instagram e mi sono ricordato… che è il compleanno di mia nipote. Così le ho mandato un video di auguri riportando a galla un ricordo lontano proveniente da quando eravamo piccoli. Non ero sicuro quel ricordo sarebbe riaffiorato anche in lei ma… ma dentro lei sì. Altri tempi. Altre vite. Vero?

Come ti chiami?

Michela.

Michela?

Si.

… lei sa come continua.

Gliel’ho mandato.

Ora anche lei è lontana dalla famiglia. Ma ora anche lei è vicina a sé stessa. Anche se in un momento di dura prova per 15 giorni; perché chiusa in quarantena in una stanza d’albergo da sola, dall’altra parte del mondo in un posto appena atterrata. Dove scoprirà che siamo forestieri in terre straniere. E chissà… che forse anche lei in fondo lo è sempre stata.

Penso poi a Diego. E Antonia. A quando anche loro andranno lontani dalla famiglia e più vicini a sé stessi. Sarò lì in quel momento. Sarò lì allora come sono stato lì fino ad ora.

Auguri Michela

Auguri Diego

Auguri Antonia.

Vi voglio bene

Che strani sogni ho avuto stanotte. Sogni di madri sofferenti, sogni di occhi pieni di lacrime, sogni di dolore… e di rabbia. Di quella rabbia che ti mangia da dentro. Di quella rabbia che vuoi far uscire e lo fai, scaricandola sugli altri per fargli capire quanto male ti sta facendo. Ma in quel momento, gliene fai anche a loro e te ne accorgi. Ma non riesci a controllarti e allora ti arrabbi di più… La conosco quella rabbia. Lo conosco quel dolore. Le riconosco quelle lacrime che cadono da quegli occhi, che anche riconosco. E riconosco quelle madri. Non capisco però perché sono venute da me la scorsa notte. Non capisco però se è il mio male a voler ritornare in superficie o il loro ad esser venuto a cercarmi. Non capisco ma manderò un messaggio alle madri che conosco, più tardi. Per farle sapere che ci sono se son venute da me. E parlerò col cielo poi, per ricordarmi che è presente e che posso andare da lui se ne ho bisogno.

Poi al risveglio… o alla fine del sogno non so… a correre con me è venuta anche Nikita. Mi ha fatto compagnia. Mi ha fatto piangere. Mi ha fatto ridere.

Caro diario,

ma davvero c’è chi si riferisce a te così o succede solo nei film? Con: “Caro diario”. immagino di sì. Perché avere qualcuno a cui rivolgere quello che si sta scrivendo (seppur a un diario) suona “meno pazzo” che il fatto di star scrivendo per sé stessi e parlando da soli. Ma io, caro diario, non ti ho mai parlato prima, non ti conosco. Ti incontro per la prima volta ora e non so se riuscirei a parlarti. Ho sempre parlato da solo, ho sempre scritto per me. E va bene così. Non ti offendere se soltanto uso il tuo nome adesso… però ci tengo a dirti che comunque ti sono grato per quello. Non avrei avuto un titolo per questa sezione del sito altrimenti. Per cui grazie, anche se per me funziona così:

Caro Paolo,

Come stai oggi? Com’è andata la mattinata?

Bene. Davvero bene. Oggi sono riuscito a svegliare “presto” Coral e siamo andati insieme in spiaggia. È rimasta sorpresa dal silenzio del mattino e ha detto che domani vuole rifarlo. Io non so se crederle ma va bene. Averle fatto provare la magia della mia mattina anche solo una volta, col mio oceano, col mio cielo, col mio sole, con gli uccelli che si esibiscono solo per me, col silenzio che risuona solo per me, è stato già abbastanza. Averle fatto avere quel risveglio dell’anima e averla vista felice negli occhi questa sola volta, so che farà il suo sia a me che a lei per un bel po’ di tempo. So che questo risveglio l’ha ricaricata e so che ora posso stare in pace perché so che ora è tornata ad essere leggera e viva.

E credo che tutti avremmo bisogno di quella ricarica di tanto in tanto. Dello staccare dal mondo e riscoprire la vita. Del ritrovarci. Del tornare leggeri. Del riconnetterci con noi stessi per poi poter connetterci con gli altri, una volta che saremo nel mondo di nuovo. Perché da svegli gli occhi sono aperti e le corde del cuore non più tese. Perché da svegli, connettersi e creare rapporti con gli altri non vuol dire andare su facebook ma sorridere al prossimo e dire ciao. Perché da svegli, essere accettati e approvati non vuol dire postare su Instagram ma dare una mano agli altri invece, con l’esperienza data da ciò che si è visto fin lì. Perché da svegli, ridurre le incertezze non vuol dire ricercare la conoscenza su Google ma negli errori di ogni giorno. Negli errori delle scelte di ogni giorno. Perché da svegli, raggiungere alti livelli e prestigio non vuol dire giocare ai videogiochi ma cominciare a fare più di quel che si dice. Perché da svegli, cercare un brivido nella notte non vuol dire aprire Tinder ma la porta di casa per uscire fuori. Perché da svegli soltanto ci si rende conto di quanto si è dormito…

C’è un film, Limitless si chiama, che parla di una pillolina che ti fa usare il 100% del tuo cervello. Ti risveglia i sensi e ti fa vivere in maniera extraordinaria … bel film! Ma ho sempre pensato che in verità non abbiamo mica bisogno di quella pillolina per usare il 100% del nostro cervello. In verità ho sempre pensato che dobbiamo soltanto volerlo e poi aprire gli occhi, e risvegliarci. È quanto basta. È già tutto lì. È già tutto qui, dentro.

Caro Paolo,

e tu sei sveglio?

Adesso sì.

E domani?

E domani mi risveglierò.

Caro Paolo.

Oggi dovrebbe essere il giorno della pubblicazione di questa prima settimana di diario. Ma non ho il computer con me e di imparare adesso ad usare l’app sul cellulare da qui non mi sembra il caso. Per cui aspetterò.

Oggi fa meno caldo degli altri giorni. Non so se è perché paragonato all’isola dove siamo stati ieri (in cui c’era una temperatura di 40 gradi) i 33 gradi di qui sembrano freschi, oppure se perché effettivamente è più fresco oggi, ma si sta davvero bene. C’è un bel vento.

Non ho molto da dire oggi. So solo che sono grato. Sono grato per l’oceano, sono grato per il sole, sono grato per la spiaggia. Sono grato per le onde, sono grato per il vento, sono grato per il suono. Sono grato per l’ombra. Sono grato per mia moglie. Sono grato per il cibo che sto mangiando. Per il vino che sto bevendo. Per il tetto di quest’albergo che mi copre e mi dà riposo. Per il lavoro che mi ha permesso di permettermelo. Sono grato Per quei bambini lì in lontananza con la famiglia, perché mi ricordano della famiglia per cui sono grato. Per i miei fratelli. Sono grato per la madre che ho. Sono grato per mio padre. Sono grato per il sangue. Sono grato per il respiro di ora, per gli innumerevoli, infiniti avuti fino ad ora. E sarò grato per l’ultimo che darò… perché mi riporterà da te. A cui sono grato sopra ogni cosa.