15 Novembre 2021

Diario Aperto - Paolo Cuciniello - Storie e Riflessioni

Realizzavo alcune cose. 

È vero che tutti proviamo dolore e ciò che cambia, invece, ciò che ci differenzia, è il modo in cui ognuno soffre, ma davvero siamo indistruttibili finché poi non ci rompiamo. Sono tre notti e quattro giorni che non dormo bene la notte per via del mal di denti e del mal di testa. Credevo di essere chissà quanto forte e invece… un dente basta a rendermi inutile e incapace nel pensare con lucidità, o addirittura incapace nel mangiare e nel bere, o nel dormire. Un dente. Un dente mi sta distraendo persino adesso mentre scrivo, che devo deglutire e fermarmi di scrivere per farlo piano e controllare il dolore. 

Dicono che dopo una certa soglia di dolore ci abituiamo. Dicono che diventa parte della nostra quotidianità e che sì, di certo condiziona il nostro umore, il soffrire, ma non più le nostre azioni. Un esempio è Friedrich Nietzsche. Considerato uno dei più importanti filosofi del diciannovesimo secolo, Nietzsche, non se l’è passata troppo bene dal punto di vista “della salute”. Soffriva di emorroidi, spasmi allo stomaco, era mezzo cieco dall’età di trent’anni, spesso sveniva, vomitava sangue (il che lo portava a dover seguire specifiche diete), era continuamente assistito da qualcuno. Da piccolo i dottori gli applicarono delle sanguisughe al collo e alle orecchie dicendogli di non muoversi per ore! Ereditò un disordine neurologico che lo portò ad avere emicrania per tutta la vita (e che gli causò il diventare pazzo). Era sensibile alla luce. Quando da giovane servì per il militare contratte difterite e dissenteria che quasi lo uccisero. La soluzione all’epoca era un acido che distrusse il suo apparato digestivo (da lì il vomitare sangue e il dover seguire diete). Alcune ferite lo portarono ad essere rigido nei movimenti e, nei giorni peggiori, addirittura immobile. Aveva continuamente bisogno di aiuto per alzarsi quando sedeva o sdraiava e molti mesi all’anno li spendeva a letto inabilitato nell’aprire gli occhi per il dolore. Il suo “anno peggiore”, a detta sua, fu nel 1880, quando restò a letto 260 giorni su 365. (Il che mi fa pensare che dopotutto i miei 4 giorni e 3 notti non erano poi così tanti!) 

… e nonostante questi problemi… scriveva! Ed anzi! Nei momenti peggiori ha scritto le cose più significative, come poi è stato visto. Per cui chissà, forse davvero ci si abitua. Davvero superata una certa soglia qualcosa scatta. È possibile. Ma resto dell’idea che siamo indistruttibili finché non ci rompiamo. Se deve scattare qualcosa dev’essere prima di quel punto di rottura; altrimenti non credo riusciamo più a tornare indietro. 

Un’altra cosa che ho realizzato è che: è importante stare bene. Non diamo peso allo stare bene finché qualcosa non succede, ma dovremmo prendercene un po’ più cura. Secondo il mio medico di medicina cinese che ho visto ieri sera, ho troppo fuoco dentro. In modo particolare nei polmoni. C’è qualcosa lì che non va. C’è qualcosa lì che ha impedito al corpo di riprendere l’equilibrio, tenendo tutto il fuoco intrappolato dal petto in su (appunto includendolo in modo particolare nella bocca e nella testa). Mi viene da pensare che avrà pure il suo prezzo aver cominciato a fumare a 10 anni. 

Mi viene da pensare che voglio rileggere il libro di Tiziano Terzani: “Un altro giro di giostra”.

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