Come creare storie?

Mi è capitato più volte d’incontrare qualcuno che mi facesse questa domanda. Me l’hanno fatta alle scuole medie; quando scrivevo testi rap in un periodo in cui il rap non esisteva. Me l’hanno fatta alle scuole superiori; quando scrivevo –poesie- in un periodo in lui la poesia non esisteva. E me la fanno ancora ora, quando scrivo libri, in un periodo in cui tutti sembrano volerli scrivere.

Già, perché c’è sempre qualcuno che ha qualcosa da dire… Anche se poi non sa cosa.

Come creare storie, allora, chiedono. Come crearle.

Come quel tale in un bar in California che in strada mi ha fermato in una notte di dicembre. “Pss. Pss.” Mi ha chiamato. “Pss. Pss.” Mi ha fatto cenno. “Ti va di bere con me se ti dico chi sono?”

Non avevo capito alla prima e così mi ha ripetuto la domanda.

“Ti va di bere con me se ti dico chi sono?”

Ero già brillo ed ero già in strada da solo da un po’. Aveva appena smesso di piovere, ero bagnato ma in cerca anch’io di qualcos’altro da bere, e allora: “Va bene.”

“Da questa parte. Seguimi.”

È così che ho incontrato Jim Morrison ed è così che sono entrato nel suo mondo. Un mondo fatto di rock e di emozioni forti. Un mondo fatto di poesia e di amore. Un mondo fatto di droghe, di porte, di percezioni nuove. Un mondo illusorio, un mondo fatto di bugie perché da troppo tempo si nasconde, da troppo tempo mente al mondo, e così a sé stesso, su chi è realmente. In cima alle classifiche negli anni settanta, invitato a ogni festa, in ogni casa, in ogni club. Ora nessuno lo invita più e dalle case e dai club lo cacciano fuori perché il suo bere è diventato insostenibile. O quanto meno il risultato del suo bere; diventa molesto e vuole fare sempre a botte.

“Ma io chi sono?” Mi chiede. “Colui che gioiva e cantava, soffriva e scriveva, piangeva e viaggiava e gioiva ancora… O colui che vuole fare sempre a botte, ora? Io non capisco.” Mi dice. “Io vengo dagli anni dei figli dei fiori. Dagli anni in cui si celebrava la pace, l’armonia, il sesso libero, l’amore per le donne, l’amore per gli uomini. Hai mai baciato una donna, sì?” Mi chiede e poi senza aspettare risposta continua: “E hai mai baciato un uomo, invece? Sai che le labbra di entrambi, in un bacio, nient’altro sono che la manifestazione di ciò che il loro cuore vuole in quel momento? E in quel momento i loro cuori sono molto più simili di quanto immaginiamo. Credimi, lo so perché li ho visti quei cuori. Li ho visti per davvero, sai? E non soltanto attraverso le loro labbra, non soltanto attraverso la carne del loro corpo, attraverso le parole e le canzoni, gli orgasmi e le poesie. Li ho visti per davvero. In simbiosi, battere dolcemente al ritmo dell’anima mentre davano vita a sensazioni che mai prima ho provato o sentito e mai più ho sentito o provato. Ti è mai capitato?”

Come quella donna a cui piaceva viaggiare il mondo nel tempo collegando persone tra spazi e tempi diversi. Facendoli sentir l’un l’altra, facendoli esser coscienti l’uno dell’altra ma mai facendoli incontrare. Risultati e proiezioni di un passato in cui non ha avuto affetto, proiezioni dal passato di una bambina cresciuta sola perché lasciata sola, o messa in disparte, presa di mira perché piccolina. “Unisco ora queste persone oltre lo spazio e il tempo cosicché nessuno si senta più solo come mi sentivo io”, pensa. Lo fa per un nobile motivo come vedi. Non credeva facesse alcun male e neanch’io credo che in realtà ne facesse, o voleva farne. Semplicemente non poteva immaginare che in un differente futuro da quelli che di solito visitava, avrebbero creato il web e la tecnologia, i telefonini e il multiverso. Non avrebbe potuto immaginare che in quel futuro senza spazi, quelle persone che aveva collegato in precedenza avrebbero avuto anche modo di parlarsi durante il giorno e non soltanto più sentirsi o vedersi solamente nel mondo dei sogni la notte.

Aveva attraversato spazio e tempo credendo di unire ciò che era diviso. Si era ritrovata a guardare giorno e notte mischiarsi, persone già unite ad altre unirsi ancora, e ancora, ad altre.

Senza volerlo aveva creato il male perché… Perché non tutti riuscivano a vedere quello che vedeva lei. Non tutti riescono a vedere le cose da lontano come le vede lei.

E lei questo non lo voleva.

Come creare storie, allora, ora si chiede.

Storie d’amore. Storie pure. Storie che non facciano male.

Questo lei ancora non lo ha capito ma sa che, se per vedere usa gli occhi di dentro, quel cuore e quell’anima battere insieme riesce a vederli anche lei…

Quel cuore e quell’anima.

Ora lo sa.

Ora riesce a sentirli.

Creare storie, in fondo, come senti è semplice.

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