Cos’è che vuoi dalla vita?

Mi sono svegliato con un ricordo in testa questa mattina e sento che voglio condividerlo con voi. Questo ricordo mi ha riportato indietro a forse nove anni fa. Ero in un momento “molto perso” della mia vita; vivevo passando da un eccesso all’altro e sembrava lo stessi facendo da così tanto tempo che era diventata quella la mia realtà ormai, il mio equilibrio. Mi trovavo in una spirale di dipendenze che continuava a rompermi in qualche modo, pezzo dopo pezzo. Non dormivo per più notti consecutive più a lungo di quanto si dovrebbe, uscivo ogni giorno, cercando di essere costantemente impegnato più del dovuto, mi allenavo e correvo ogni sera più di quanto il corpo potesse sopportare, uscivo, più di quanto il respiro potesse sopportare. Ero in uno stato di permanente accelerazione e sentivo… e sapevo… che dovevo fermarmi perché stanco. Ma me ne accorgevo solo quando all’improvviso mi ritrovavo all’interno di un supermercato senza alcuna idea di come fossi arrivato lì, con una lista di cose da comprare nella testa svanita, e la musica, e le luci, e le voci, di chi passava attorno e affianco. Uscivo poi da lì senza comprare nulla in quei casi. Perso. Con la testa completamente blank, vuota. Iniziavo col pensare che c’era qualcosa che non andava con me, che c’era qualcosa che non andava dentro di me. Che avevo qualche problema. Ma mi stavo semplicemente rompendo, pezzo dopo pezzo. Potevo rimettere le cose insieme? Potevo aggiustarmi? Non ne avevo idea! E nel momento in cui cominciavo col chiedermelo, quei pensieri svanivano e si volatilizzavano nello stesso modo e con la stessa velocità in cui erano arrivati e materializzati. E la giostra continuava a girare. Uscivo di più, dormivo di meno, correvo di più, riposavo di meno, mangiavo di più, mangiavo di meno, non mangiavo affatto. Forse soffro d’insonnia, pensavo. La realtà cominciava con il sembrare surreale. Le notti non passavano mai, i giorni sembravano infiniti. Ci si mise la noia anche di mezzo e allora più veloce, facevo il doppio. E poi il triplo. Ma eventualmente anche quello cominciava a darmi noia. Eventualmente anche per quelle cose perdevo il gusto… ero pieno di vita ma nel senso negativo. Nel senso di disgustato. Così pieno che ero pronto a vomitare… ma non avevo il coraggio di mettere quelle due dita in gola.

Mi ritrovai in un altro stato di vuoto un giorno, come capitava spesso che mi ritrovavo nei supermercati, ma in una via deserta quella volta, al centro della strada. Come ci ero finito lì? Non ne avevo idea. Ma continuai a camminare ancora, non curante delle macchine che potevano passare ma che non passarono. Alla fine di quella strada intravidi una croce, una Chiesa. Era da tanto che non ne vedevo o che non ne entravo in una. Era da tanto che non pregavo neanche, a dir la verità. Così decisi di farlo. Un senso di liberazione mi avvolse non appena misi piede in quel portone. Tutto mi scivolò di dosso. Quell’odore d’incenso mi entrò nelle narici e dentro il corpo e quel senso di pienezza disgustoso di vita uscì fuori. Lincenso divenne quelle due dita. Cominciai a piangere. Cominciai a piangere e decisi di sedermi all’ultimo banco in fondo ed è allora che cominciai a vedere quel silenzio, e a sentire quella pace.

Un uomo mi si avvicinò. Mi si sedé vicino e mi chiese: cos’è che vuoi?

Non capì. Lui ripeté.

Cos’è che vuoi?

Dopo un momento di silenzio risposi… “Pace… felicità”.

Allora abbi pace e sii felice”.


E tu? Cos’è che vuoi? Te lo sei mai chiesto?

Col tempo ho capito che non ce lo chiediamo abbastanza e perciò ci ritroviamo persi. Ma dovremmo cominciare a farlo… a chiedercelo…

Tu, cos’è che vuoi?

Rispondere a questa domanda potrebbe davvero cambiare il corso delle nostre vite. Un piccolo momento di riflessione per rispondergli è quanto basta… un po’ come per le navi. Che con un piccolo movimento per volta cambiano completamente rotta. Ecco, fa quel primo movimento. Risponditi.

Tu, cos’è che vuoi?

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