Come facciamo? (A fare tutto in un giorno e a dimenticarci di essere)

Se è vero che procrastinare alle volte ci rende schiavi, è vero anche che può capitare che diventiamo schiavi del dover sempre fare qualcosa. Non hai idea di quante volte mi son ritrovato a metà mattinata perso perché senza una lista delle cose da fare. Sveglio dalle 3.30, dopo essermi allenato, dopo aver meditato, dopo aver fatto una doccia, dopo aver fatto colazione, dopo aver fatto l’amore, dopo aver scritto una pagina del diario, dopo aver ricercato e segnato i prossimi step da fare per la prossima promozione del libro, dopo aver parlato con un amica, dopo aver preparato la colazione a Coral, dopo aver letto un po’, dopo aver fatto e steso la lavatrice, dopo aver visto due cazzate online… con ancora voglia di fare e disorientato perché senza sapere cosa. Eppure c’è sempre qualcosa da fare! Potrei sistemare la veranda. Pulire il bagno. Studiare il cinese. Cominciare un nuovo libro… ma mi ritrovo stanco… insoddisfatto?! E perché mai? Guarda quante cose ho fatto mentre il resto del mondo ancora sta pensando a cosa fare! Eppure… eppure potrei fare di più.

Che cosa “buffa” il cervello umano. Che cosa “buffa” la semplicità con cui ci dimentichiamo, che alle volte, fa bene anche semplicemente essere. Perché in fondo quello siamo: semplicemente essere. Ora capisco che voleva significare Dio con “Il Verbo”. Saremmo tutti Dio se solo fossimo capaci di smettere di fare. Saremmo tutti Dio se solo smettessimo di renderci umani. Da che scappiamo? Perché non sappiamo semplicemente stare fermi, semplicemente essere? Abbiamo forse paura della noia? Paura di noi stessi? Paura dei pensieri della mente? Paura del tempo? Paura di restare soli? Perché sentiamo che dobbiamo uscire? Perché sentiamo che dobbiamo prendere il telefono? Perché sentiamo che dobbiamo andare sui social? Perché sentiamo che abbiamo bisogno di mandare quel messaggio? Perché sentiamo che dobbiamo accendere il computer? Perché sentiamo che dobbiamo cominciare un altro libro? Perché sentiamo che dobbiamo condividere, o postare, un altro pezzo del nostro mondo per renderlo reale?

non lo sappiamo forse, che già lo è?


Ero in un locale qualche giorno fa.

Ho passato il pomeriggio a godermi del whisky giapponese e della buona musica. Osservavo la gente passare, mangiare, bere, chiacchierare. Osservavo il barman, i camerieri. Osservavo a terra. Osservavo l’arredamento del locale. Osservavo il whisky, persino. Osservavo come mi scendeva in gola. Come mi scendeva nella pancia. Osservavo come mi scaldava. Osservavo il bicchiere. Osservavo i pensieri arrivare.

Qualche ora più tardi una ragazza mi viene vicino per chiedermi cosa stessi facendo lì, senza fare niente.

Buffa domanda, ho pensato.

Cosa stessi facendo lì, senza fare niente

Le ho sorriso, mentre le ho risposto che c’è differenza tra il non fare niente e lo stare fermi… ma che ugualmente abbiamo smesso di saper fare entrambe le cose.

Posso sedermi con te?

Certo.

Anche lei ha cominciato ad osservarsi attorno e ad osservare il mojito che stava bevendo; il colore verde e le foglie, il ghiaccio. Anche lei ha cominciato ad osservare come le scendeva nella gola… come le finiva nella pancia.

E il piacere.

E il bicchiere.

E il silenzio, in quel locale con la musica.

E la musica.

Siamo usciti di lì che fuori era ormai buio… Ci rivedremo ancora?

Mi ha chiesto.

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