26 Febbraio 2022

Diario Aperto - Paolo Cuciniello - Storie e Riflessioni

Non guardo mai il telegiornale. Non leggo mai le news. Non scorro mai i video o i feed di Instagram (quei due mesi all’anno che lo uso). L’ho fatto una volta; ci ho visto crisi e politici, ci ho visto stupri e morti ammazzati, ci ho visto tempo perso. Perché rifarlo? Per tenerti informato, Paolo. Per sapere cosa succede nel tuo paese, per sapere cosa succede nel mondo, per sapere quali trend segue la gente. Posso fare a meno di sapere, rispondo io, perché spesso preferisco immaginare (volendo usare le parole di una canzone). Preferisco immaginare e parlare con la gente, ascoltare. Ascoltare chi le ha vissute le cose e non solo sentite, o lette, o “scorse” sul cellulare. Preferisco ascoltare gli autori, non gli attori. Agli attori sorrido, se sono veritieri. Applaudo, se sono bravi. 


Mi parlavano in questi giorni, (durante quelle conversazioni in cui si parla del tempo, del freddo che fa e di come non esistono più le stagioni di una volta), di quello che sta succedendo nell’Est Europa. Come facciamo a mischiare questi argomenti, ho detto. Che ne sappiamo? Parliamo troppo! E me ne sono andato. Non volevo sentir dire stronzate. Non volevo perdere il tempo così. Però, prima di tornare a casa, ho chiamato due amici e gli ho detto: “Vi pago da bere se venite a dirmi che sta succedendo!” Mi hanno risposto di cominciare ad ordinare le birre, perché stavano arrivando! Loro sono due ragazzi che ho conosciuto nel corso degli anni, qui; uno viene dalla Russia e l’altro dall’Ucraina. Sono amici e mi dicono che quello che sta succedendo è quello che è sempre successo. Mi dicono che realmente le tensioni tra i due paesi non sono mai cessate. Mi dicono che la Russia non vuole che l’Ucraina firmi accordi con l’Europa perché l’Europa sta con l’America e, se così facesse, l’America potrebbe piazzare basi militari ai confini della Russia. È tutta strategia, mi dicono. Per il controlloPer il potere. Poi abbiamo bevuto ancora. Loro son belli tosti; reggono l’alcool molto meglio di me… e chissà dopo quante birre, e chissà dopo quante parole, con in sottofondo musica rock cinese ognuno è entrato nel suo mondo e ha percorso il suo viaggio. Eravamo lì, seduti, ma altrove. Loro forse dalle loro famiglie. Loro forse a quel dolore di sangue scritto sulle giacche dei bambini. Loro forse a quel dolore che si ha scappando dalla propria casa. Ed io? Io a Maria… alla storia di Maria di cui ho parlato qualche giorno fa; ai suoi occhi. Il mio viaggio son stati i suoi occhi. E gli occhi di chi ogni giorno è in guerra. Gli occhi di chi ogni giorno è vittima di una pandemia. Gli occhi di chi ogni giorno scappa da qualcosa. Gli occhi di chi ogni giorno non è al sicuro nella propria casa. Gli occhi di chi ogni giorno piange. Gli occhi di chi dice buongiorno ai propri figli anche se di buono in quel giorno non ci sarà proprio nulla. Gli occhi del tuo vicino. Gli occhi tuoi. Perché non abbiamo bisogno di bombe che cadono per capire che c’è qualcosa che non va. Le guerre ce le abbiamo già dentro; quando non sappiamo se vogliamo vivere o meno. Ce le abbiamo già in casa; quando litighiamo con il proprio fratello, con la propria sorella, nel nome dell’eredità di una madre di cui non ci prendiamo neanche più cura. Ce l’abbiamo già vicino; nel cuore di una moglie depressa, di un marito infelice, di un figlio che si sente solo. Ce l’abbiamo già davanti; nella mancanza di rispetto e nella scortesia nei confronti di un passante. Ce l’abbiamo già dietro; coloro a cui abbiamo voltato le spalle quando ci hanno chiesto aiuto. Ce l’abbiamo già vicino… così tanto vicino. E rido pensando a quanti post contro-la-guerra ci saranno in questi giorni, online. E rido pensando a come anche questo sarà dimenticato, domani. Però sorrido vedendo come, i miei amici, hanno pagato l’uno per l’altro abbracciandosi, nel segno dell’amore. Però sorrido vedendo come, il barman, ha pagato per me stringendomi la mano, nel segno della pace.

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