Israele e Palestina: Storia, Conflitto e Speranza – La storia di un viaggiatore inaspettato

Parte 1: L’ennesima ondata di conflitto tra Israele e Palestina

Un Dialogo di Pace Necessario

Cari lettori, vi saluto con un saluto un po’ più pesante del solito, un saluto marchiato dalla serietà del nostro argomento di oggi. Il conflitto tra Israele e Palestina è una questione che sento il bisogno di affrontare, non solo per la sua rilevanza mondiale, ma anche per un legame personale. Vedrete leggendo.

Alcuni anni fa, durante i miei anni di università, ho avuto la fortuna di stringere amicizia con un compagno di studi che aveva un interesse ardente per la geopolitica del Medio Oriente. La sua passione non si limitava alle discussioni animate sui corridoi del campus o alle ricerche approfondite per le nostre letture. Era un interesse che permeava ogni parte della sua vita, un filo conduttore che lo ha spinto a visitare queste terre contraddittorie e affascinanti, a imparare l’arabo, a immergersi nell’intricata storia e cultura radicata in queste regioni.

Mentre assistiamo agli ultimi sviluppi tra Israele e Palestina, ho pensato spesso a questo mio amico. Le sue parole risuonano nella mia testa e i suoi interrogativi si intrecciano con i miei. E così, ispirato dalla memoria delle nostre discussioni ed evocato dal bisogno di rendere omaggio alla sua passione, ho deciso di dedicare questo blog alla situazione in corso tra Israele e Palestina.

In questa prima parte del blog, affronterò le cause profonde e le sfaccettature del conflitto, o quanto meno quello che ho appreso da ricerche che non sono le news di Italia 1, cercando di sviscerare le complessità storiche e culturali che ne alimentano la persistenza. Proverò a farvi capire come e perché la situazione è arrivata a questo punto, sperando che possiamo insieme trovare un cammino luminoso verso la comprensione.

Origini del conflitto

Il terreno di conflitto su cui oggi insistono Israele e Palestina è carico di storia. La sua origine si perde nel tempo, radicata in secoli di invasione, migrazioni, annessioni e controversie territoriali. Ma è verso la fine dell’epoca ottomana che troviamo quello che molti ritengono sia l’inizio del nodo intricato che oggi cerchiamo di districare.

Iniziai a comprendere il vero spessore di questa storia complessa quando il mio amico, durante una delle nostre discussioni, mi consigliò la lettura di “A Line in the Sand” di James Barr. Questo libro offre una dettagliata descrizione di come passammo tempestosamente dal dominio ottomano alla tutela britannica.

Book: A Line in The Sand by James Barr

All’epoca, la Palestina era sotto il controllo dell’Impero Britannico che, come un gigante stanco e indebolito dalle guerre, doveva decidere come strutturare il futuro di queste terre importanti ma decimato anche da feroci contese interne. Così, nel 1947, le Nazioni Unite decisero di dividere la Palestina in due stati distinti: uno ebraico, l’altro arabo.

Un utile punto di riferimento per comprendere la complessità e l’impatto di questa decisione è certamente il Rapporto delle Nazioni Unite sul Piano di Partizione con L’unità Economica. In esso si dettano i confini dei due stati e si stabilisce che Gerusalemme, città sacra per entrambe le fazioni, doveva invece rimanere una città internazionale.

Questa decisione, tuttavia, fu immediatamente contestata e innescò la guerra arabo-israeliana del 1948 che, per brutalità e durata, fece immediatamente capire quanto fossero profonde le divisioni tra i due popoli. Ecco quindi che il primo seme di questo conflitto eterno fu piantato, destinato a germogliare in un amaro frutto cui Israele e Palestina sono costretti a scontrarsi da allora.

Il ciclo infinito di violenza

L’esperienza attuale in queste regioni sembra essere un orribile ciclo ricorrente di violenza, un vasto campo in cui ogni speranza sembra essere inaridita dalle lacrime di dolore versate per troppo tempo. Questa realtà crudele nasce in parte dalla frammentata struttura politica in Palestina.

L’attenzione del mio amico mi portò a comprendere i dettagli di queste dinamiche attraverso l’opera “Gaza: An Inquest into Its Martyrdom” di Norman Finkelstein. Il libro espone in maniera dettagliata l’origine e l’importanza dell’attuale divisione tra Fatah e Hamas. Fatah, partito nazionalista e secolare, regola la Cisgiordania. Hamas, un movimento islamista, domina invece nella Striscia di Gaza. Questa divisione interna alimenta un’instabilità perpetua che complica ulteriormente la risoluzione del conflitto con Israele.

Gaza - An Inquest into Martyrdom

Israele, d’altro canto, è intrappolato in una continua minaccia di attacchi con razzi, in particolare provenienti dalla Striscia di Gaza. Diverse volte ho discusso intorno a queste questioni insieme al mio amico, cercando di capire l’origine e le logiche di tale fenomeno. Mi ritrovo così d’accordo con quanto raccontato da Micah Goodman nel suo libro “Catch-67: The Left, the Right, and the Legacy of the Six-Day War”. Micah Goodman, nel suo libro, offre uno sguardo approfondito sulla mentalità israeliana dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.

Libro "Catch-67" by Micah Goodman

Uno degli aspetti principali che sottolinea è l’ideale sionista, che ha influenzato negli anni l’agenda politica israeliana e ha avuto un impatto diretto nel modo in cui Israele ha risposto agli attacchi di razzi. Goodman scrive che l’ideale sionista di creare un rifugio sicuro per gli ebrei si è scontrato con la realtà di una minaccia persistente, intrappolando Israele in una mentalità difensiva. Ciò ha portato Israele a adottare un approccio più assertivo, rispondendo con forza agli attacchi, nel tentativo di dissuadere ulteriori aggressioni.

Il libro mette anche in luce il modo in cui il conflitto ha diviso la società israeliana. Da un lato, ci sono quelli che vorrebbero ritirare Israele dai territori palestinesi occupati in cambio di pace. Dall’altro lato, ci sono quelli che ritengono che ritirarsi significherebbe rinunciare a territori biblicamente e storicamente significanti, un prezzo troppo alto da pagare.

Ritengo che Goodman abbia perfettamente centrato il punto sulla dualità del dilemma israeliano. Da un lato, il desiderio di vivere in pace e sicurezza, dall’altro, il desiderio di preservare la loro identità e legami storici. Questa tensione interna è un ingrediente essenziale nel calderone complesso del conflitto israelo-palestinese. E continuare a comprendere questa dualità è fondamentale per capire il contesto più ampio di questo conflitto persistente.

Goodman descrive con maestria le percezioni storiche e le implicazioni di questi attacchi, offrendo intuizioni preziose che aiutano a capire il contesto più ampio.

Parte 2: Salvato dalle tempeste dell’oceano, affrontando le tempeste della vita – la storia di un bambino di Gaza.

Un Incontro Casuale lungo le Strade di Singapore

Anni fa, in uno dei miei tanti viaggi, mi trovavo a Singapore insieme a una cara amica. Ricordo che i primi raggi del sole impersonavano il pittore, dipingendo di luce la vivace metropoli, mentre io, ancora addormentato, abbandonavo il mio letto per passeggiare per queste strade aliene, curioso e desideroso di assorbire la vera essenza di tali luoghi.

Ogni viaggio che ho intrapreso mi ha insegnato che le città rivelano la loro vera fisionomia nelle prime ore del mattino, quando il traffico rallenta e la vita urbana si sveglia lentamente, permettendoti di assaporare ogni dettaglio in pace. E così, durante queste escursioni mattutine, ho cominciato a familiarizzare con le sfumature di Singapore, a familiarizzare con la sua gente e i suoi suoni.

Fu durante uno di questi giri in solitudine che incrociai il mio cammino con quello di un giovane palestinese di nome Ahmad. Il suono del mio accento straniero risvegliò la sua curiosità mentre camminavo per la zona indiana di Singapore. Questo era l’inizio di un legame inaspettato e di una storia che ha cambiato la mia prospettiva sulla situazione di conflitto in Palestina. Una storia che ora, desidero condividere con voi.

La Battaglia della Nascita

Ahmad nacque nel bel mezzo di ostilità e divisioni, in una Gaza che sapeva più di guerra che di pace. Crescere in Palestina significava svegliarsi ogni giorno in un mondo incerto, dove la liberà di vivere un’infanzia normale era un lusso che pochi potevano permettersi.

Queste non erano solo storie o argomenti di cui discutere davanti a un caffè: la guerra era la sua realtà quotidiana, la cornice di ogni ricordo d’infanzia. Razioni di cibo, attacchi aerei e l’imminente sensazione di paura erano diventati elementi ordinari nella sua giovane vita.

La sua vita prese una svolta più oscura quando aveva solo dieci anni. Durante un attacco aereo, Ahmad perse la sua famiglia. Questa tragedia scolpì in lui un dolore che nessun bambino avrebbe mai dovuto provare. Il volto del conflitto era diventato troppo personale, troppo reale.

Alla Ricerca della Pace

A vent’anni, con un cuore pesante e un bagaglio leggero, Ahmad decise che era arrivato il momento di allontanarsi da ciò che una volta chiamava casa. Si resse saldo contro il vento della guerra e, con una raffica di speranza increspata nel cuore, decise di navigare nel mondo alla ricerca di un rifugio di pace. La sua patria, un terreno familiare ma coperto di cicatrici, era ormai diventata un labirinto inestricabile di dolorose memorie.

Ricordo il modo in cui descriveva le sue prime esperienze di viaggio. Le nuove culture, le lingue diverse, le persone, le tradizioni, così discordanti dalla sua infanzia a Gaza. Non era solo un’avventura, ma una continua rivelazione. Una rivelazione che il mondo poteva essere altro, altro dalla violenza, dal lutto e dalla paura.

Le sue storie di viaggio riscaldavano le sue parole e brillavano nei suoi occhi. Tra la gente che incontrava, le città che scopriva, i cibi che assaggiava, iniziò a capire di più sul mondo e sé stesso. Scopriva che la vita poteva essere un’esperienza da celebrare, non solo da sopravvivere.

Una notte, proprio durante la sua permanenza in Singapore, decise di fare un bagno rischioso nel misterioso oceano. L’oceano sembrava infinito, come l’oscura tessitura del suo passato. Ma invece di risparmiarlo, l’oceano decise di dargli una lezione. Un’onda lo trascinò lontano, lasciandolo solo e spaventato al largo. Credeva che fosse la fine, che le sue lotte fossero concluse.

Ma il destino aveva in serbo per lui un’altra sorpresa. Dopo ore di solitudine, una barca apparì in lontananza e si avvicinò a lui. Passando per caso, lo videro e lo portarono in salvo.

Da allora, Ahmad ha raccolto questo incidente come un simbolo di speranza e tenacia. Lo ricorda come il momento in cui la vita gli ha dato un’ulteriore chance, un’altra pagina da riempire con nuove esperienze. Lui, un semplice bambino di Gaza trasformato in un nomade globetrotter, ha imparato che la vita può essere crudele, ma può anche essere straordinariamente generosa. E in quest’oscillazione tra estremi, ha trovato il coraggio di tracciare il suo percorso, senza mai perdersi nel mare della disperazione.

La Speranza Come una Bussola, la Pace Come Destinazione

Seguendo la tradizione delle storie che ci raccontavano i nonni davanti al fuoco, oggi ho condiviso con voi la storia di Ahmad. Un ragazzo che, nato nel caos di una lotta senza tempo, ha trovato il coraggio di cercare la luce di un futuro incerto ma pieno di speranza.

La sua storia è un promemoria vivido che nel cuore della pace vi è uno spirito indomito. Nonostante la guerra, la sofferenza e la perdita, la speranza prevale sempre. È l’infrangibile legame tra l’individuo e la promessa di domani, il riflesso dell’irriducibile spirito umano che continua a risorgere dalle ceneri del dolore.

Non posso fare a meno di chiedermi dove sia Ahmad adesso. In quale posto del mondo si trova? Continua a viaggiare, a bere la vita a grandi sorsi e a lottare per la pace? Mi chiedo quante altre storie ha accumulato, quanti sorrisi ha condiviso, quante speranze ha coltivato.

Stranamente, nonostante l’intensità della nostra conversazione, non abbiamo mai pensato a scambiarci i contatti. Forse perché le storie come quella di Ahmad, i momenti magici come quello che abbiamo condiviso quella notte, hanno una bellezza evanescente, destinata a vivere al meglio attraverso il filtro della memoria e dell’immaginazione.

Forse è giusto così. Alcune storie, alcune notti, alcune persone, non dovrebbero essere rincorse. Dovrebbero essere lasciate andare, per diventare parte del cosmo delle nostre esperienze, lampeggiare nella notte come stelle distanti, ricordarci la vastità di ciò che è stato e ciò che può essere.

Questa vita, ah?

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