11 Gennaio 2022 – LGBTQ. Davvero vedi solo lettere?

Diario Aperto - Paolo Cuciniello - Storie e Riflessioni

Per te volevo scrivere un intero articolo non soltanto una pagina di diario. Volevo scrivere qualcosa che rientrasse nelle ricerche su Google. Trovare un titolo “acchiappa click” e far leggere di te. Ma poi ho pensato che la vita è fatta di singole pagine non di interi articoli. La vita è fatta di ogni giorno; Di ogni mattina, di ogni pomeriggio, di ogni sera. Di ogni notte… come questa.  Come questa, in cui, dopo aver riso, parlato, ballato e bevuto l’impossibile con te, mi ritrovo a pensarti nel buio del mio soggiorno e chissà, magari anche tu stai pensando a me (dato che ho appena ricevuto un tuo messaggio). Sì, sono arrivato a casa. Buona notte anche a te.


La bottiglia del mio whisky giapponese preferito è vuota per cui finisco la serata aprendo del Dalmore Cigar Malt Reserve. È tardi, non voglio fumare in casa. Il retrogusto di sigaro del drink mi dovrà bastare. 

Volevo scrivere di te ma pensando a te ho deciso di scrivere dell’ipocrisia. L’ipocrisia. Sarebbe bello aggiungere ora la definizione che il dizionario dà alla parola ipocrisia ma è già tanto che sto scrivendo e brillo come sono, non mi metterò di certo a ricercare parole online e fare copia e incolla. Scusami diario. Scusami lettoreIpocrisia. Non ne conosco la definizione ma ho ben chiaro in testa cosa è… È l’uomo che chiama “puttana” la donna a cui piace il sesso libero e “figo” l’uomo che scopa in giro. È l’uomo che può avere ex, ma s’incazza con la moglie se per caso in strada incontra vecchie fiamme. È la persona che si sente sola e vuole marito/moglie/o +amici e parla male di chi non ha paura di presentarsi, parlare di sé e fare amicizie. È la persona che punta il dito e fa notare a tutti quanto è sporco il tappeto della casa del vicino, senza prima considerare quanta neve sporca c’è sul tetto della sua casa. È la persona che chiama “morti di fame” i contadini e li disprezza e poi compra le mele BIO a km zero. È il ricco che guarda male il commesso del negozio, dimenticandosi che ricco ci è diventato grazie al sangue e al sudore del padre. È il commesso che guarda male il curioso che chiede il prezzo, dimenticandosi che se vende banane o Chanel, sempre venditore è. È il dottore che parla senza cuore ai pazienti trattandoli come numeri. Sono i pazienti che parlano male del dottore (godendoci), quando piange perché ha scoperto che il figlio è malato. È il finto boss che dimentica le regole e uccide bambini per soldi, e poi vuole vendetta se il figlio gli viene toccato. È chi dice che “sei ricchione” se scrivi poesie e poi quando solo, sogna. È chi schifa gli asiatici ma poi compra da loro perché più economici. È l’albero marcio che non può dare frutti buoni. È chi parla male di te. Chi ti ha sputata in faccia, chi ti ha giudicata, chi ti ha condannata, chi ti ha derisa, chi ti ha picchiata, chi ti ha tirato i capelli e trascinata a terra, presa a calci… e poi pagata e goduto nello scoparti o nel farsi scopare da te. 

Quanto piccolo è l’essere umano. Quanta piccolezza della “razza”, che mostra, quando fa differenza tra uomo e donna, donna e uomo, uomo e ladyboy, ladyboy e donna. Non abbiamo tutti comunque un cuore? Ma che diritto abbiamo?

Ed io adesso ho scritto ladyboy ma tu mi correggerai che in effetti si dice Kathoey. Non lo so. Ma so che sai che per me sono solo nomi; come la famiglia o la chiesa. O il matrimonio o gli amici. Sono solo nomi, solo parole. Noi siamo vita ed io quello vedo. Quello sento.

Le vite che sfioro, le vite che mi sfiorano. Le vite che tocco, le vite che mi toccano. Le vite che mi baciano, le vite che mi fanno venire. Le vite per cui scrivo, le vite che mi leggono. Le vite che mi spogliano. Le vite a cui mi mostro nudo.

Noi siamo vita ed io quello vedo. Quello sento.

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