Ho sognato la pioggia. 

Io ero al riparo, ho sognato la pace. 
Ho sognato il silenzio. 
Riuscivo a sentirlo, ho sognato il vento.

Poi ho soltanto aperto gli occhi.

Ancora in un sogno.
Ancora nel vento.
Ancora nella pace
e nel silenzio.
Ma senza pioggia. 

Mi manca la pioggia.

28 Settembre 2021. Oggi non ho molto da dire… sarà che sono stanco. Dev’essere il cambio stagione, dev’essere che ancora non capisco come vestirmi; una giacca in più e sudo, una giacca in meno e ho freddo. Hai presente l’autunno, no? Però che bello al mattino con gli uccellini. Però che bello alla sera col fresco. Senza zanzare. Col giubbino di pelle. Right? E coi pensieri, e con quel senso addosso che qualcosa sta cambiando…

A proposito di qualcosa che sta cambiando, hai notato le due nuove pagine sul sito? Quella dedicata ai Vlog (video blog) e quella dedicata a: I colori di Elena Rubino. Sono davvero eccitato, emozionato, a questo cambiamento che ci è stato. Poter integrare qui, in questo modo, l’arte di cui mi circondo e l’arte di cui vivo è qualcosa che fino a due mesi fa non credevo fosse possibile. Anche perché fino a due mesi fa neanche sapevo cosa fosse un blog! Figuriamoci tenerne uno, figuriamoci saperne aggiornare uno! Ma i cambiamenti quando ci vogliono fanno bene. Servono a crescere, ad imparare nuove cose e nuove skills. Come ad esempio un anno fa che ho aperto per la prima volta Instagram. Cosa impensabile per uno come me se mi avessi conosciuto ad allora. Io che nemmeno avevo uno smartphone ma ancora il Nokia. Io che non ho neanche una foto di me da piccolo perché non mi è mai piaciuto farle, mi sono ritrovato con 3000 followers e la sensazione addosso che mi piaceva. Ho portato avanti il “progetto IG” per sponsorizzare il libro un annetto… “ora pensandoci è un peccato ricominciarne un altro dato i progressi che avevi fatto… tutti quei numeri”, mi è stato detto. Vero! Ma alla fine… è un peccato cosa? Smettere di far vedere che macchina guido e che cibo mangio e quando e chi scopo e quando bevo? I peccati sono altri. I peccati sono non mandare il buongiorno a tua madre. I peccati sono non ringraziare tuo padre. I peccati sono non parlare a tuo fratello. I peccati sono non portare a cena tua moglie. I peccati sono non giocare con tuo figlio, o i tuoi nipoti. I peccati sono non salutare il vicino di casa o il portiere. I peccati sono non ringraziare chi ti dà un aiuto. I peccati sono non sorridere. I peccati sono fotografare le cose invece che viverle. I peccati sono non parlarsi. I peccati sono i giudizi che diamo… i peccati sono altri. Ma che ne capisco io? Che ho bisogno di scrivere le avvertenze perché sono uno scrittore che non sa scrivere, un italiano che non parla l’italiano, un cinese che non parla il cinese, un inglese che non parla l’inglese… che ne capisco io? Che sono qui solo di passaggio… Io, che non ho molto da dire perché sarà che sono stanco. Sarà l’autunno.

Qualche mesetto fa avevo cominciato a registrare e a pubblicare dei video risposta alle domande che mi ponevate. Domande di qualunque tipo. Era divertente e cominciavo a prenderci gusto. Li pubblicavo su Instagram (che ora non ho più) e il riscontro fu davvero positivo. È allora che mi resi conto, ancora una volta, di quanto poi siamo tutti simili. Con le stesse domande, gli stessi dubbi, gli stessi problemi. A volte ce ne dimentichiamo ma davvero tutte le persone che incontriamo hanno paura di qualcosa, amano qualcosa e hanno perso qualcosa… come tecome me. E ci sarebbe così tanto da dire a riguardo e forse l’ho già fatto anche, ma non è quello di cui voglio parlare oggi. Oggi voglio proseguire con l’argomento “domande e risposte”, invece. Questo perché uno di voi mi ha chiesto: “Come scrivere un libro?” La domanda mi è piaciuta e direi che somiglia un po’ ad una di quelle domande da un milione di dollari, dico bene?

Come scrivere un libro?

Non credo ci sia solo una risposta corretta a questa domanda. Solo pensandoci ora, mentre siedo nel Parco Olimpico al Nord di Pechino, sotto a un grande albero che mi fa ombra, me ne vengono in mente due. Vediamo se riesco a esporle.  

  1. Per scrivere un libro devi aprirti e non devi avere paura di farlo. Che tu voglia scrivere con la testa (seguendo l’onda del momento, il genio, le statistiche che ti dicono di puntare sui vampiri piuttosto che sulle storie d’amore fantastiche a lieto fine, sulle cose erotiche che hai visto solo in finti porno con bravi attori, per fare più click) o che tu voglia scrivere con l’anima (non fregandotene un caz** delle statistiche, delle cover accattivanti, del trend, ma contando invece di come non ti fa sentire scrivere determinate cose e di come ti fa sentire non scriverne altre), in entrambi i casi devi aprire o l’una o l’altra; o la testa o l’anima. Non scrivi nulla se resti chiuso; se non segui quell’emozione, quella lucina, quella piccola idea che è ancora solo una scintilla. Non scrivi nulla se non cogli quel fiore uccidendolo…  non scrivi nulla se non è quello che davvero vuoi. Questo se vuoi scrivere un libro con le parole. Perché poi puoi scriverlo anche senza, restando in silenzio. Scrivendo nella vita delle persone ascoltandole invece che facendole leggere. Anche quella è arte. Anche quello è scrivere. E forse ancora più nobile.

Questa è la prima risposta che mi viene in mente.

  1. La seconda, invece, si può dire che sia quella “tecnica”. Quindi non: considerando lo scrivere un libro dal punto di vista di ciò che accade dentro di noi ma, considerando lo scrivere un libro per l’atto in sé. Per l’atto di sedersi e scrivere velocemente senza blocchi o senza “mancanze di voglia”. Innanzitutto, come prima cosa, per fare ciò ti dico:
    • togli le distrazioni di mezzo! È la cosa più importante senzadubbiamente. So che ai giorni d’oggi ci distraiamo da appena svegli e che stiamo sui social pure mentre ci stanno facendo del sesso orale, perché “dobbiamo registrarlo altrimenti non è reale”, ma quando scrivi, se vuoi scrivere, spegni il telefono. Spegni i social, chiudili. Spegni internet. Mutizza le email o le app che si aprono in automatico sul computer (se è lì che scrivi). Togli di mezzo persino la musica se pensi che non ti possa essere d’aiuto (questo credo sia soggettivo. Io personalmente preferisco scrivere senza musica ma conosco chi invece ascolta quella classica ad esempio, o quella elettronica, pensa! Musica senza parole comunque dicono che aiuti).
    • Stai comodo! Siedi comodo, scegli e sta’ in un ambiente comodo, rilassante. Inutile spremerti le meringi e “pushare” te stesso oltre il limite senza ragione se l’ambiente in cui sei non ti trasmette le giuste vibrazioni. Se ci sono rumori o lavori in corso o bimbi che piangono che in quel momento ti danno fastidio, chiudi tutto. Rimanda. Diventa frustrante e spiacevole l’esperienza in quel caso. Ti lascerà solo un brutto ricordo e molto probabilmente anche qualche traccia di sensi di colpa. Non stai comodo? Chiudi tutto. Con calma. È meglio così.
    • Altra cosa credo sia importante per scrivere un libro, se non sei un freestyler come me, è proporti degli obiettivi. Che siano settimanali o giornalieri, o persino “orari” (se è così che si dice), non ha importanza. Ma programmarsi in anticipo cosa, quanto e quando scrivere, con degli obiettivi chiari, può essere d’aiuto quando ci si sente bloccati. Un po’ come ci è d’aiuto un piano della giornata o una lista delle cose da fare (a proposito di programmarsi la giornata ne abbiamo parlato nelle pagine del diario del 25 Settembre e del 26 Settembre 2021. Lì trovi anche un esempio semplice di come farlo). Programmarsi la scrittura stabilendo un paragrafo al giorno o il tempo di scrittura, stabilendo due ore al mattino, non sembra ma possono fare la differenza nella tua esperienza di scrivere un libro. E una volta finito quell’obiettivo? Stop! Fermati. Non andare oltre. Domani riprenderai. Meglio fermarsi quando la luce è forte piuttosto che quando è finita del tutto. In questo modo anche la motivazione resta perché non la esauriamo nell’arco di una sola “seduta” e in più, abbiamo più tempo a disposizione per ricapitolare cosa abbiamo fatto fino a quel momento. Fidati, fare ciò è di grande aiuto quando ti senti perso e spaesato.
    • Scrivere ogni giorno. Esatto! Per scrivere un libro, o anche solo per automigliorarsi nella scrittura o per finire qualche opera a cui teniamo, serve scrivere ogni giorno. Anche solo una parola. Anche solo una frase. Anche solo un paragrafo. Cosi rendiamo lo scrivere una specie di routine della giornata ed entriamo in quell’ottica dello scrittore. Come quando decidiamo che dalle 19 alle 20 dobbiamo andare in palestra (diventando sportivi) o dopo cena a fare una passeggiata per digerire (diventando più salutari). Non deve essere una cosa fastidiosa, di disconforto, di pressione. Dev’essere una routine che deve darti, non toglierti. Prendi me ad esempio. Alle 4.30 ogni mattina mi sveglio e sta’ sicuro che prima di andare al lavoro alle 9.30, ho già scritto qualcosa. Che sia una pagina del Diario Aperto, che sia un nuovo articolo, che sia una nuova idea o una poesia o un messaggio, sta’ sicuro che l’ho fatto. Trova un tuo spazio della giornata. Un momento in cui, tornando a ciò che abbiamo detto prima, possiamo rendere ancora più facile il togliere le distrazioni di mezzo.

Poi cos’altro? Mmm.

Non credo mi venga altro in mente al momento. Anche perché, restando in tema, sono stato distratto e interrotto poco fa da una passante che si è fermato a parlare. Infatti quest’ultimo pezzo non lo sto scrivendo più dal Parco Olimpico ma dalla metro. Vedi com’è facile interrompere il flusso di un’idea? Fossi stato interrotto prima probabilmente non avrei neanche scritto questo articolo. Va’ seguita subito la luce finché c’è… perché poi svanisce. È così.

Ieri ho comprato un block-notes così da poter cominciare a fare “un piano” della giornata da oggi. E sai cosa? Davvero farlo ti dà un senso di chiarezza. L’ho sempre saputo ma me ne ero dimenticato. Ora tocca solo attenersi al piano e continuare giorno per giorno. O almeno in quei giorni in cui sento che non sto andando da nessuna parte; uno specchietto su ciò che ho da fare e ciò che faccio… per farmi sentire meglio. Perché davvero a farlo servono solo dieci minuti, che è nulla considerato al bene che ti fa. Ti allego qui le foto di come l’ho fatto. È semplice. Forse avrei dovuto farlo in Excel così da darti la possibilità di scaricarlo… ci ho pensato solo ora, magari lo farò in futuro. Però come ho detto ieri, è di te che si sta trattando se vuoi migliorarti. Non puoi e non possiamo aspettare che gli altri facciano le cose al posto nostro… non in questo caso. Per cui se vuoi farlo non stare a cercare online “come organizzare la giornata”, “come fare un daily plan” … prendi penna e foglio e comincia a scrivere.

Così:

4.30 Wake Up

  • Prepare hot water lemon and honey
  • Workout
  • Meditation
  • Shower
  • Breakfast
  • Writing Time
  • Wife time
  • Read a chapter of the book

7.00/7.30 Home Jobs

  • Laundry
  • Clean Toilet
  • Clean Balcony
  • Vacuuming House
  • Clean Floors

8.30 Breakfast for Coral

9.00 Gym

10.00 Grocery Shopping

12.00 Lunch

13.00-13.25 Nap Time

14.00-until evening Work

22.00 Family Time

23.00 Wife Time + Goodnight

Questo è una mia domenica tipo. Gli altri giorni della settimana sono simili con la differenza che ci sono le 8/12 ore di lavoro dal mattino. E poi a seconda del giorno le serate cambiano ovviamente. Ci sono i massaggi (due a settimana), le cene con le amiche, le cene con gli amici, i bar, le gite, le corse, le serate cinema, ecc. ecc. ecc. Te l’ho detto, è facile farlo. Prendi foglio e penna o anche solo le note del cellulare e comincia a scrivere… se lo vuoi.

E questo è per oggi. Ci sentiamo domani. Io ora vado a fare all’amore.

Non ci avevo fatto caso ma è già passato un mese dalla prima pagina di diario che ho scritto. Un mese… non è nulla, vero? Sembra niente, sembra ieri. Eppure scorri indietro e guarda quanto ho scritto. Meraviglia anche me. Non lo avrei mai detto e anzi, a pensarci, e a dirti la verità, ricordo più le volte in cui la mattina non avevo voglia di scrivere piuttosto che quelle in cui ho scritto. Come siamo strani, ah? E questo mi porta a pensare all’importanza di segnarsele le cose, a volte. Non sono mai stato un fan dei “piani settimanali”, delle “agende giornaliere”. Ho sempre fatto quello che dovevo, procrastinato su quello per cui non avevo troppa voglia (come lo studiare il cinese al momento), e andato avanti così. Con i risultati alla fine. Perché alla fine se fai, fai, e i risultati ci sono. Ma ora capisco però che vedere ciò che hai fatto anche durante il percorso fa bene. Ti dà la carica. Ti dà una motivazione in più.  Ti tira su il morale se stai per cadere e ti fa pensare: dai! Guarda quanto hai fatto finora. Perché mollare? Dai! E questo pensiero davvero può cambiarti il corso della giornata, fidati. Lo so per esperienza personale. Per cui sì, se senti che ti mancano un po’ quelle cose (la carica, una motivazione in più, una tirata di morale quando stai per cadere), ascoltami. Fai un’agendina giornaliera o un piano settimanale. Tieni traccia delle cose che devi fare e delle cose che vuoi fare. Dando spazio anche al: “non ne ho voglia”, ovviamente! Ma quello non scriverlo già! Altrimenti poi ci giochi sopra e come si dice… dormi sugli allori apposta. Non scrivere cose esagerate come: salvare il mondo, curare la malattia di mio fratello, guadagnare un milione di euro martedì, comprare una villa giovedì, fare un figlio sabato. Mantieniti reale. Scrivi piuttosto: preparare la colazione appena svegli senza perdersi nei social, meditare 10 min, leggere un solo capitolo del libro che volevo cominciare, fare doccia, asciugare il bagno, prepararmi, fare la spesa, sistemare salone, pulire balconi, sistemare cucina, preparare pranzo, e così via. Se invece si lavora fuori, nessun problema… basta aggiungere nell’agenda che per quelle 8/12 ore si è a lavoro e regolarsi di conseguenza; mandare almeno cinque email, parlare al capo di quella cosa, fare conversazione con i colleghi per conoscerli meglio, risolvere problema con quel cliente. Continuando poi aggiungendo: cena, family time, passeggiata, coccole a letto (questo vale sia se si ha un partner toccandosi e parlandosi o sia se si è da soli, toccandosi e parlandosi ugualmente), spegnere telefono, lettura di una pagina di diario di Paolo Cuciniello… Facile! Dopo tempo una settimana guardando a queste agendine ci renderemmo conto di quanto abbiamo fatto. E magari anche per riempirle faremmo di più, chissà. Proverò a farla anche io da oggi e ti farò sapere domani o in questi giorni. Tu fa lo stesso se senti che hai bisogno di quella spinta in più. Dopotutto è di te che si sta parlando. È di te che si sta trattando. E se non fai tu qualcosa per te, fidati, non possiamo aspettare che gli altri la facciano per noi.

Oggi la pioggia è tornata e con sé si è portata delle parole che piano son cadute sulla mia pelle. Con un brivido le ho sentite mentre addosso mi scorrevano, e con un brivido le ho sentite mentre mi dicevano che: gli occhi li posso chiudere per le cose che non voglio vedere ma il cuore no per le cose che non voglio sentire.

Sai a cosa pensavo durante la pausa caffè? A quante volte ci siamo ritrovati ad aspettare qualcosa accadere o qualcuno arrivare, prima di deciderci a fare quello che sapevamo ci avrebbe fatto bene. Ha senso quello che ho detto? Li ho azzeccati i verbi? È un pensiero che ho condiviso con il mio collega in cinese, per cui per sicurezza rileggilo con calma che non so se aveva senso neanche in quella lingua! Quello che voglio dire è che non dovremmo aspettare gli altri per fare le cose che ci piacciono. Non dovremmo aspettare a domani, quando non pioverà, o a domani quando farà più fresco. Vuoi andarti a fare una passeggiata da solo? Prendi e va’! “Ma poi mi prendono per pazzo se mi vedono camminare da solo!”  E che t’importa? I pazzi sono loro che pensano che è strano. Vuoi andare a vedere quel film al cinema che ti piace ma i tuoi amici sono impegnati? Tanto meglio! Va’! Va’ da solo. Prenditi una coca cola, prenditi dei pop corn e goditi il film delle 16 o delle 23. Che male c’è… che c’è di male? Hai dei bei vestiti e adori farti bella? Ti fa sentire meglio? E allora indossa i vestiti più belli e metti il profumo anche quando sei a casa. Curati. Amati. Non soltanto per gli altri ma per te… soprattutto per te. A fine giornata è te stessa che devi far felice, non il tuo amico, non la tua amica, non il tuo fidanzato, non il vicino, non il passante di turno. Vai in quel ristorante nuovo che hanno aperto, prenditi una bottiglia di vino e mangia ciò che vuoi. Regalati la felicità perché te la meriti. E se dopo cena ti va il dolce, prendilo. Non farti problemi, che tanto poi nessuno ti vede! E se il giorno dopo c’hai i rimorsi, perdonati. Perdonati perché una è la vita, no? Non sprecare tempo a sentirti in colpa. A che serve?  

Pensavo a questo… e mi sono venuti questi pensieri perché appunto, il mio collega, è da più di due mesi che sta aspettando che un amico si decida per andare a fare bungee jumping con lui. Deve aspettare perché dice che è strano uscire e andare soli a fare queste cose… va’ da solo, gli ho detto. Va’ da solo e scoprirai molte più cose su di te in questo modo che in compagnia. Alla fine della conversazione si è deciso e ha comprato il biglietto. Questo finesettimana andrà… a questo punto spero solo che non gli succeda niente altrimenti devo pure tenermi i sensi di colpa! (lol)

Di recente ho parlato con una persona a proposito del prendersi le paure degli altri. So che è possibile prendersi i peccati e pagarne il prezzo, ma non mi ero mai chiesto fino ad ora se era anche possibile prendersi le paure. La risposta è che non si può. In fondo nasciamo soli e moriamo soli. E non dico questo in senso negativo, bada bene. Lo dico nel senso e nel significato delle parole stesse. Nasciamo soli e moriamo soli. Nostra madre ci spinge facendoci uscire a prendere la prima boccata d’aria, si, e le scelte che facciamo e gli incidenti che incontriamo condizionano in che modo avremo l’ultima spinta per l’ultima boccata d’aria, si… ma per il resto, nasciamo soli e moriamo soli. È già tanto se qualcuno ci ha insegnato che è possibile pagare il prezzo e rimettere i peccati delle persone che amiamo, se davvero siamo pronti a fare di tutto per quello, ma detto e fatto ciò, poi, ognuno ha il suo percorso. Possiamo farci compagnia, possiamo farci e darci forza, possiamo amarci tantissimo nel durante, ma le paure degli altri non ce le possiamo prendere. Ognuno deve tremare. Ognuno deve piangere. Ognuno deve sentirla quella paura che ti toglie il fiato e ti toglie la speranza… quella paura che ti fa paura. Perché solo così poi si va avanti. Non dimentichiamoci che è la paura che ci ha fatto evolvere e raggiungere la forma che abbiamo adesso. Non fosse stato per la paura di morire di fame i nostri antenati non avrebbero cominciato a cacciare. Non fosse stato per la paura di essere uccisi durante la caccia i nostri antenati non sarebbero passati dai pugni alle frecce. Non fosse stato per la paura di essere conquistati, (e per l’infinita stupidità), l’uomo moderno non avrebbe creato e non continuerebbe a creare eserciti sempre più grandi e bombe sempre più potenti per “la difesa”. Non fosse stato per la paura della morte non avremmo preservato la vita e coltone il senso… non avremmo protetto chi amiamo. Anzi, nonostante questo, molti di noi quel senso neanche lo hanno ancora trovato e quella responsabilità di protezione nei confronti di chi amano neanche. Però sono sicuro che in fondo tutti sanno di doversi godere il sorriso di un figlio o di una madre finché dura, perché poi ad un tratto non dura più. Perché poi ad un tratto non è più. Non è paura quella? Quando poi ti ritrovi a pensarci, da solo, da sola… il figlio tuo… la madre tua… il padre tuo… il marito tuo… tutti andranno e resterai soltanto tu. O tu andrai prima e resteranno allora soltanto loro. Nasciamo soli e moriamo soli. Non possiamo prendercele le paure, né degli uni e né degli altri. Non possiamo prendercele ma possiamo condividerle perché in fondo se arriviamo e andiamo soli, nel percorso che è la vita invece, abbiamo la scelta di non esserlo (soli). Per cui faccio la scelta di non essere solo, ora, e di condividere con te e con tutti voi che una delle mie paure è pensare alle persone che amo morire nella paura. Che muoiano durante una lezione che avrei voluto avessero imparato almeno un attimo prima di chiudere gli occhi per sempre… caspita, di quello ho paura. Ma so che una volta chiusi gli occhi del corpo quelli dell’anima si riapriranno. E allora, magari, sapranno.

E tu? Di cosa hai paura?