Oggi la pioggia è tornata e con sé si è portata delle parole che piano son cadute sulla mia pelle. Con un brivido le ho sentite mentre addosso mi scorrevano, e con un brivido le ho sentite mentre mi dicevano che: gli occhi li posso chiudere per le cose che non voglio vedere ma il cuore no per le cose che non voglio sentire.

Sai a cosa pensavo durante la pausa caffè? A quante volte ci siamo ritrovati ad aspettare qualcosa accadere o qualcuno arrivare, prima di deciderci a fare quello che sapevamo ci avrebbe fatto bene. Ha senso quello che ho detto? Li ho azzeccati i verbi? È un pensiero che ho condiviso con il mio collega in cinese, per cui per sicurezza rileggilo con calma che non so se aveva senso neanche in quella lingua! Quello che voglio dire è che non dovremmo aspettare gli altri per fare le cose che ci piacciono. Non dovremmo aspettare a domani, quando non pioverà, o a domani quando farà più fresco. Vuoi andarti a fare una passeggiata da solo? Prendi e va’! “Ma poi mi prendono per pazzo se mi vedono camminare da solo!”  E che t’importa? I pazzi sono loro che pensano che è strano. Vuoi andare a vedere quel film al cinema che ti piace ma i tuoi amici sono impegnati? Tanto meglio! Va’! Va’ da solo. Prenditi una coca cola, prenditi dei pop corn e goditi il film delle 16 o delle 23. Che male c’è… che c’è di male? Hai dei bei vestiti e adori farti bella? Ti fa sentire meglio? E allora indossa i vestiti più belli e metti il profumo anche quando sei a casa. Curati. Amati. Non soltanto per gli altri ma per te… soprattutto per te. A fine giornata è te stessa che devi far felice, non il tuo amico, non la tua amica, non il tuo fidanzato, non il vicino, non il passante di turno. Vai in quel ristorante nuovo che hanno aperto, prenditi una bottiglia di vino e mangia ciò che vuoi. Regalati la felicità perché te la meriti. E se dopo cena ti va il dolce, prendilo. Non farti problemi, che tanto poi nessuno ti vede! E se il giorno dopo c’hai i rimorsi, perdonati. Perdonati perché una è la vita, no? Non sprecare tempo a sentirti in colpa. A che serve?  

Pensavo a questo… e mi sono venuti questi pensieri perché appunto, il mio collega, è da più di due mesi che sta aspettando che un amico si decida per andare a fare bungee jumping con lui. Deve aspettare perché dice che è strano uscire e andare soli a fare queste cose… va’ da solo, gli ho detto. Va’ da solo e scoprirai molte più cose su di te in questo modo che in compagnia. Alla fine della conversazione si è deciso e ha comprato il biglietto. Questo finesettimana andrà… a questo punto spero solo che non gli succeda niente altrimenti devo pure tenermi i sensi di colpa! (lol)

Di recente ho parlato con una persona a proposito del prendersi le paure degli altri. So che è possibile prendersi i peccati e pagarne il prezzo, ma non mi ero mai chiesto fino ad ora se era anche possibile prendersi le paure. La risposta è che non si può. In fondo nasciamo soli e moriamo soli. E non dico questo in senso negativo, bada bene. Lo dico nel senso e nel significato delle parole stesse. Nasciamo soli e moriamo soli. Nostra madre ci spinge facendoci uscire a prendere la prima boccata d’aria, si, e le scelte che facciamo e gli incidenti che incontriamo condizionano in che modo avremo l’ultima spinta per l’ultima boccata d’aria, si… ma per il resto, nasciamo soli e moriamo soli. È già tanto se qualcuno ci ha insegnato che è possibile pagare il prezzo e rimettere i peccati delle persone che amiamo, se davvero siamo pronti a fare di tutto per quello, ma detto e fatto ciò, poi, ognuno ha il suo percorso. Possiamo farci compagnia, possiamo farci e darci forza, possiamo amarci tantissimo nel durante, ma le paure degli altri non ce le possiamo prendere. Ognuno deve tremare. Ognuno deve piangere. Ognuno deve sentirla quella paura che ti toglie il fiato e ti toglie la speranza… quella paura che ti fa paura. Perché solo così poi si va avanti. Non dimentichiamoci che è la paura che ci ha fatto evolvere e raggiungere la forma che abbiamo adesso. Non fosse stato per la paura di morire di fame i nostri antenati non avrebbero cominciato a cacciare. Non fosse stato per la paura di essere uccisi durante la caccia i nostri antenati non sarebbero passati dai pugni alle frecce. Non fosse stato per la paura di essere conquistati, (e per l’infinita stupidità), l’uomo moderno non avrebbe creato e non continuerebbe a creare eserciti sempre più grandi e bombe sempre più potenti per “la difesa”. Non fosse stato per la paura della morte non avremmo preservato la vita e coltone il senso… non avremmo protetto chi amiamo. Anzi, nonostante questo, molti di noi quel senso neanche lo hanno ancora trovato e quella responsabilità di protezione nei confronti di chi amano neanche. Però sono sicuro che in fondo tutti sanno di doversi godere il sorriso di un figlio o di una madre finché dura, perché poi ad un tratto non dura più. Perché poi ad un tratto non è più. Non è paura quella? Quando poi ti ritrovi a pensarci, da solo, da sola… il figlio tuo… la madre tua… il padre tuo… il marito tuo… tutti andranno e resterai soltanto tu. O tu andrai prima e resteranno allora soltanto loro. Nasciamo soli e moriamo soli. Non possiamo prendercele le paure, né degli uni e né degli altri. Non possiamo prendercele ma possiamo condividerle perché in fondo se arriviamo e andiamo soli, nel percorso che è la vita invece, abbiamo la scelta di non esserlo (soli). Per cui faccio la scelta di non essere solo, ora, e di condividere con te e con tutti voi che una delle mie paure è pensare alle persone che amo morire nella paura. Che muoiano durante una lezione che avrei voluto avessero imparato almeno un attimo prima di chiudere gli occhi per sempre… caspita, di quello ho paura. Ma so che una volta chiusi gli occhi del corpo quelli dell’anima si riapriranno. E allora, magari, sapranno.

E tu? Di cosa hai paura?

Buona festività della Luna, caro diario! E buona festività della luna anche a te, caro lettore!

Voglio dare a entrambi un aggiornamento, ha smesso di piovere. Non definitivamente eh, il meteo dice che domani riprenderà, ma per oggi sì, ha smesso. Infatti oggi il sole è grande e splendente e il cielo è blu. Di un blu acceso che non hai idea. Fuori i bambini sono spuntati come funghi per giocare a rincorrersi, e le signore sulle panchine a parlare, anche. Io sto per prepararmi per andare a correre. Voglio approfittarne prima di andare fuori a pranzo. Sarei dovuto andare appena sveglio, penso, ma appena sveglio sono stato preso da un’idea. Ho ricevuto un email a proposito di un concorso letterario. In un primo momento l’avevo cancellata, non mi interessano queste cose. Però poi, durante la colazione, ho pensato… un concorso letterario? Beh, ho sfidato me stesso con i social network quest’anno; con i video risposta alle vostre domande, con le foto postate, con Facebook, con Instagram… perché non continuare anche con un concorso letterario?! Dopotutto è sempre qualcosa di nuovo, che male può fare? Scrivere due pagine in più non può che farmi bene dopotutto, no?

Però di sicuro non vincerai.

E che fa! Chi se ne importa. Mica ho mai scritto per vincere! Ho sempre scritto prima per me. Poi le parole sono arrivate agli occhi di chi ha saputo leggere e alle orecchie di ha saputo ascoltare… e così siamo arrivati a oggi; a scrivere un diario aperto… no?

Vero.

Si.

Per cui… un concorso letterario… perché no. Ti terrò aggiornato caro diario. Ed anche a te, caro lettore.

Intanto, Buona festività della Luna!

Da quant’è che non cammini piano sotto alla pioggia? Da quant’è che non ti fermi a sentirla cadere, guardando da dove viene… da quant’è?

Ricordo come da piccolo, con mio cugino, ogni qual volta che pioveva correvamo a prendere degli scatoloni vuoti di cartone. Ricordo come correvamo fuori, a costruirci castelli con finestre, e come ci sedavamo dentro a guardare la pioggia cadere. Posso ancora sentire quel brivido sotto pelle per il cambio di temperatura, posso ancora sentire quelle gocce e quel bene che mi facevano. Lì, seduti nei nostri castelli grandissimi, in un mondo ancora più grande, in silenzio, ad osservare e a sentire.

Ora quei castelli non ci sono più e il mondo poi in fondo mi sembra così piccolo adesso. Gli scatoloni ormai li butto via. Faccio casino con le parole, coi pensieri, i miei e quelli degli altri. Osservo meno e sento ancora di meno. Quando piove corro perché se no mi bagno, e se mi bagno m’incazzo. Mio cugino neanche lo sento più così spesso. Ora ho freddo soltanto, quei brividi neanche li sento.

Life is made up of a collection of moments that are not ours to keep… già.

Da quant’è che non cammini piano sotto alla pioggia? Da quant’è che non ti fermi a sentirla cadere, guardando da dove viene…

da quant’è?

È domenica. È l’inizio delle festività di metà autunno, conosciute anche come festività della luna. (Preferisco quest’ultimo nome). Le notti in queste settimane sono illuminate di magia e potessi spegnere le luci della città lo farei. Si vedono le stelle e la luna è così grande e vicina che quasi puoi toccarla. Ma per fortuna no; rovineremmo anche quella altrimenti. Dicono che è un momento, questo, per le famiglie… per rivedersi e riunirsi. Dico che è solo un’altra ipocrisia rivestita, in qualche modo… come il Natale da noi in occidente. Tutti a ricordare di com’era bello e nessuno a provarci davvero a viverlo nel momento…

Mi sento strano. Potessi farlo, berrei un caffè in cucina con i miei. Potessi farlo, direi a mia madre di prepararsi col vestito più bello e d’indossare la borsa Dior e le scarpe Paciotti che le ho regalato. Potessi farlo, indosserei con mio padre lo stesso giubbino in pelle d’agnello che abbiamo. Potessi farlo, li porterei a messa con me… mezz’ora prima… giusto il tempo di godere dell’incenso nella Chiesa vuota e del rosario. Li porterei a pranzo fuori, gli farei bere del brunello di Montalcino, mangiare ciò che desiderano e dopo il caffè, li porterei al mare. A bere Dom Perignon sugli scogli, alla vista di onde agitate e di un cielo grigio. Alla presenza del vento e di te. Potessi farlo, mi prenderei ogni croce che hanno, mentre stanno bene e sorridono in questo giorno, in cui, se potessi farlo, ti ridarei la vita e me ne andrei, per lasciare il posto a te… in un mondo di pace.

Fossi capace di saper dare forma a queste emozioni con la vita non starei qui a scrivere. Fossi capace di saper dare forma a queste emozioni con la scrittura non starei qui a vivere. Fossi capace di dar forma a queste emozioni con l’arte… beh sarei un artista. Se soltanto fossi capace… ma non lo sono. Scrivo per capire meglio la vita; ricapitolando. Vivo per capire meglio come scrivere; crescendo. E l’arte? E l’arte chissà. Mi viene da dire che l’arte è delle donne, che l’arte è nelle donne. Nel dare la vita e nel coraggio che ci vuole per farlo. Nel dare la vita e nel coraggio che ci vuole per proteggerla. Nel dare la vita, nel proteggerla e allo stesso tempo nel proteggere un uomo, senza cedere parlando del dolore e del male. Quella è arte, quella è creazione. Mi viene in mente una frase, forse una poesia, che fa:

Madre è l’altro nome di Dio sulle labbra e sui cuori di tutti i figli.

Potessi soltanto ricordarmene un secondo prima di ferirle… potessi soltanto abbracciarle tutte e dirgli di dare quel male a me… potessi soltanto…

È sabato, oggi qui si lavora. Ho preparato già la borsa e una lista delle cose da fare. Mi sono allenato, meditato, fatto la doccia, fatto colazione con tre uova e del prosciutto, preparato un caffè nero americano. Pianto e pregato. Pianto e parlato con te… che mi dici che non sono solo… che mi accarezzi il cuore. Che mi proteggi, senza cedere, mentre ti parlo del dolore e del male.