Avevo scritto qualcosa e poi l’ho cancellato. Avevo riscritto qualcos’altro e l’ho ricancellato ancora. Così mi sono alzato dalla sedia, ho preso uno snack, ho cambiato ufficio per cambiare aria, ho risposto a un messaggio e mi sono rimesso seduto davanti a questa pagina del diario, vuota. Cercavo di pensare a cos’è che volevo dire, quando ho ricordato che mio padre sempre mi diceva: se non sai che dire, fai silenzio. Ascolta. O al massimo dì la verità.

Between all my articles those with the higher rank on Google Search are those I wrote in English. Interesting. Interesting because I know that many people follow me from all around the world and that each of you take his own time to give it to my words but it seems that, again once, the people who suggest me to speak to an American audience (only) were right. Interesting. Interesting because then, again, it was exactly an American publisher to tell me that “people are not interested in reading about the life of a guy living in China”. The contradictions of life, am I right? But the truth is that the truth speaks to everyone regardless of the language it chooses to use to do so. The “I love you” of a wife in America isn’t difference of a “Ti Amo” of a husband in Italy. The kiss of a mother in Ukraine isn’t difference from a kiss of a mother in Russia. The caress of a stranger, the smile of a passer-by, the silence of a friend, the words of a boy who lives in China, what difference does the language you use make? I don’t know why I am saying all this. I don’t know even why this morning I am writing in English, here on my diary, while a shy sun rises at 5am of a silent Beijing. It just happened. It just happened. It just happened because with the message I want to give today I want to get to the countryside-guy who does an online search from some remote place in the world and finds my words more easily than if they had been written in Italian. Because that’s what happens; English words travel easier and faster. They just do. Exactly how the words of some rich, “successful”, young, genius guy does too. And that’s not always good, you know? We used to use our brain, our heart, our soul, our tears, our fears, our courage to see and build our dreams up. Now we just need a fucking random online video of some rich, “successful”, young, genius guy from the other part of the world that tell us to don’t go to school because schools are useless. To don’t study those schools’ subjects because those subjects are old! But ma-man, I know what you mean as well as many other people do but saying so you are not considering who will watch your video. Not a teenager who already has a great sense of self-discipline and a career behind him, I tell you that. He would have had better things to do than be online! I understand your words but will those teenagers far from being ideal and who fight for life every day also do it? Because those are very powerful words and the ears to whom they will arrive are very sensitive. The ears of a boy, or a girl, who struggle every day between choosing: the streets, the drugs, the easy money, the one million followers dream, the fried gold-air of social networks, the adrenaline experiences, the one million more “bullshits” of that age… or listening to his father/mother who tells him/her to go to school, to study harder, to dream big, to save himself from its current conditions, to look far, to invest on himself/herself, to pass an exam, to study math, to study geography, to study Latin. Obviously, these are old subjects. Latin is even a dead language by now, imagine! But YOU, country-side boy or city lost girl, don’t have to go to school for study old subjects. You have to do so to build that discipline, that strength, that endurance to do what you don’t like to do. To do what you don’t want to do. To do what you don’t like and don’t want to do at the same time. Because in life you will find those moments more than you will ever ask, trust me on that. And if you give up now, already, for a math test or an unpleasant teacher, what will you do then? Give up again? And again? And again? That’s simply give up on life because if you are not going up it means you are going down. Period. Do not listen to what other people say. Do not listen to those who tell you that they discovered the trick to get rich in 30days… its bullshit. You study. You learn. You get rich. Because richness is within ourself not within our wallet. Richness is within our head. Listen to your mother, listen to your father. Listen to those who love you and that do anything for you; from paying bills to buy you clothes and feed you. They will never tell you to stop to go to school for start to make money with an investment app. They will tell you to pass the exams and then to try too, as a hobby, the investment app. (They will even give you the initial money if you show collaboration!) If then that app really gives you some profits, well, that has to be you. Because I’m not saying that parents have our same visions, they simply can’t. They don’t have our eyes. But we don’t have their eyes either so we can’t put them down each single time just because they tell us “To study because that’s our job now”. Come on! A real man, a real woman, faces his problems, solve them and learn from them. Do not escape. Ever. And that rich, “successful”, young, genius guy didn’t run from his problems either. Otherwise, he would not have been there. 

Think about it


The sky suddenly changed. The shy sun rose but then it decided to hide behind some clear strong clouds. That’s good too. Rain can do no harm if there is sun within. Did you know that? And a picture just came to my mind. The picture of a murales that was on an old building in Scampia, a city in the south of Italy. The murales said: “UN BAMBINO, UN INSEGNANTE, UNA PENNA E UN LIBRO POSSONO CAMBIARE IL MONDO”. Which in English means: “A child, a teacher, a pen and a book can change the world”. Did you know that?


C’è mai stato qualche sapore provato di recente che ti ha portato qualche ricordo a galla? Che ti ha portato indietro nel tempo? A me è successo proprio adesso mentre mangiavo l’ultimo cioccolatino fondente che ho trovato in casa. Ero indeciso se mangiarlo o meno perché ultimamente il dolce mi fa bruciare lo stomaco ma dato che oggi digiunerò ho pensato che una piccola carica di zuccheri potesse farmi bene. Ne ho morso prima un po’, lasciando che il masticare piano facesse quasi scogliere da sé quel pezzettino. Poi ho dato un secondo morso, seguito da un sorso di caffè questa volta. Ed ecco… ed ecco che quella combinazione di sapori ha dato vita alla magia. 

Mi son ritrovato al bistrot di uno dei “quadrilateri della moda” che c’è in Campania. Ero con mio padre, al bancone, in piedi. Era la prima volta che mi trovavo lì con lui. Era la prima volta che mi trovavo lì in generale, a dir la verità. Avrò avuto quindici, massimo sedici anni e ricordo che era domenica. Una di quelle domeniche in cui mio padre avrebbe dovuto riposarsi e che invece usò per insegnarmi la vita ancora una volta. Quella settimana infatti iniziò… quella settimana infatti iniziò qualcosa che stavo per scrivere ma che per rispetto delle persone coinvolte ho cancellato da questa pagina. Questo diario un giorno sarà un libro ed è ancora presto per dire certe cose. Però so che mio padre lo leggerà, e ricorderà. Ricorderà di quella domenica in cui al bancone di un bistrot, in piedi, abbiamo bevuto un caffè con un cioccolatino fondente a forma di cucchiaino. Facemmo shopping insieme per la prima volta in quel giorno in cui mi disse che tutto quello che volevo, dalla vita, potevo averlo. E che avrei vinto. Ogni cosa avessi deciso di fare, avrei vinto. Non sono uscito da determinate realtà in quello stesso giorno ma quelle parole sono state ciò che poi mi hanno tirato fuori da quella vita… quando sono diventato pronto. E ancora ho quella felpa Jordan larga tre volte più di me, rossa e nera. È una delle cose più preziose che ho e mi piange il cuore a vedermi adesso invece addosso questi vestiti di Gucci che non valgono niente. 

Ti è mai capitato? 

Di provare qualche sapore di recente che ti ha portato qualche ricordo a galla, che ti ha portato indietro nel tempo.

Scrivendo la data di oggi pensavo al 25 Dicembre e in un secondo ho pensato a quanto sembrava ieri Natale e invece è già passata anche Pasqua. Poi ho visto che nella durata di questo secondo di pensiero ho scritto 25 Aprile 2025 per sbaglio, senza farci caso. Beh… arriverà anche quella data come se niente fosse. E come se niente fosse ci ritroveremo sempre allo stesso punto se non decidiamo di andare avanti adesso. Ci ritroveremo sempre allo stesso punto, in cui ci lamenteremo di ciò che ci accade intorno non consapevoli che è ciò che facciamo accadere dentro che muove il gioco. E sorrido pensando a questo mentre penso a come ancora sorrido quando qualche amico mi dice: “quando perderò un po’ di peso comincerò a correre”, “quando smetterò di uscire e fare tardi la sera mi sveglierò presto al mattino”, “ora non mi serve fare bene il mio lavoro perché non sarà questo il lavoro della mia vita”, “vorrei scrivere un libro anche io. Quando avrò il tempo lo farò”. Quante altre ancora ne ho sentite? Quante altre ancora ne hai sentite tu? E sorrido perché il tempo non lo si avrà maiil tempo lo si crea. Credi che non potrei stare a fare qualcos’altro invece che stare qui a scrivere sul diario per due ore al giorno? E sorrido perché se non si sta facendo bene quello che si sta facendo in questo momento non si sta facendo bene la vita. Perché la vita si fa. Ora. Non quando sarà perfetta. Perché… quand’è che lo sarà? E sorrido perché è svegliandosi presto al mattino che non si fa tardi alla sera. Ognuno di noi ha dentro due lupi che combattono tra di loro e chi vince dipende da chi sfamiamo di più. Semplice. E sorrido perché “quando perderò un po’ di peso comincerò a correre” mi fa sorridere e basta. Non serve essere allenati e fare le maratone per perdere peso. Basta una passeggiata dopo cena a passo svelto, una passeggiata dopo pranzo a passo lento. Ma se la testa non è pronta come può esserlo il corpo? Il corpo si ritroverà il 25 Aprile 2025 all’esatto stesso punto in cui si trovava il 25 Aprile 2022… se non sei tu a fare qualcosa.

Guardavo un film ieri sera. Un film sul riscatto. Un film sul non arrendersi mai. E pensavo al prezzo che si paga quando non ci si arrende. Perché c’è sempre un prezzo da pagare. Pensavo poi anche a come ne sono uscito da determinate realtà e situazioni. Non pulito ovviamente; ho pagato il mio prezzo e ancora lo pago, con i demoni che quelli come noi sempre si porteranno dentro. Ma ne sono uscito… e ne sono grato. Ne sono grato perché la mia storia poteva andare diversamente. Potevo ora stare a scrivere lettere da una cella o potevo addirittura soltanto stare a scrivere segni dal cielo, se il cielo fosse stato il mio posto. Invece scrivo dall’altra parte del mondo, fortunato abbastanza da avere caffè, pane e latte ogni volta che lo desidero. Il che sembra una cosa scontata, vero? Credimi non lo è! Ho un amico che è cresciuto solo con le sue forze e il suo pranzo per anni, alle elementari, è stato il Mars dalle macchinette della scuola. 50 centesimi. Perché solo quelli aveva. All’epoca le istituzioni pubbliche se ne fottevano dei poveri. Facevano incontri a scuola per parlarci delle lotte contro le mafie, poi sono passati alle lotte contro il vandalismo, poi a quelle per l’educazione civica, poi a quelle per la sensibilizzazione ai rischi del crimine e alle conseguenze. Ora mi dicono che parlano della lotta alla “liberalizzazione” del genere dei sessi. E dei poveri quando ce ne parleranno? Quello non lo faranno… perché quello fa paura. Perché quello mostra il vero volto di un paese ed io non lo so mica il nostro quanto bello è. Perché l’ho visto il disprezzo delle istituzioni nei confronti di quel mio amico, l’ho visto il disprezzo del mio paese nei confronti di chi viene da dove viene mia madre… e continuo a vederlo. 

Ad ogni modo, in un modo o nell’altro sono uscito anche da quello. Pulito? Tutt’altro! Ma ne sono uscito e sono felice e grato ogni volta che osservo Coral dormire perché so che, per il tempo di un soffio, avrei potuto mancare tutto questo.

Stamattina ho vari pensieri che mi frullano per la testa. Ognuno di essi è un pensiero un po’ delicato e non so se spetta a me condividerlo o meno. Perché non riguardano principalmente la mia persona, ecco. Ma riguardano persone che amo e allora sarei ipocrita verso me stesso se scrivessi dell’alba che sto guardando e del caffè che sto bevendo quando invece ho la testa altrove. Altrove. Credevo di essere lo zio figo, quello a cui puoi svelare i tuoi segreti e le tue marachelle. Le tue prime cotte e le tue prime esperienze. Quello a cui puoi raccontare delle risse o delle birre. Quello a cui puoi raccontare dello sport e dei tuoi sogni. Dei tuoi film in testa. Delle tue giornate di pioggia e delle tue giornate di sole. Dei genitori, perché no, e dei loro problemi. Credevo di essere tutto questo e invece una conversazione che non è andata nella direzione in cui doveva andare è bastata a farmi capire che, specialmente da così lontano, basta ignorare i miei messaggi per farmi sparire. Puff! Come se niente fosse. Dopotutto è normale, mi dico, è l’età. Io probabilmente al loro posto avrei fatto la stessa cosa. A chi vuole fare la morale uno zio? Non è mica un padre! Non lo so. So solo che in amore siamo padri e figlie, madri e figli, fratelli e sorelle gli uni per altri. Un barbone ubriaco è stato mio padre quando si è seduto vicino a me in un pomeriggio in cui ero sull’orlo del precipizio. Per una donna che piangeva in un bus sono stata una madre quando le ho preso la mano e detto di non piangere. È cosi che la vedo io. Cosa sono un padre e una madre se non soltanto due nomi. È per questo che forse mi sono lasciato scappar troppo quando ho detto che “un perdente trova sempre una scusa, il vincente la strada”. Avrei forse dovuto usare altri toni. Avrei forse dovuto evitare di dire che se fossi stato lì avrei usato una mazza sulle gambe. Yeah! Col senno di poi magari avrei dovuto evitare quella parte. Ma hey, sono io. Uno schiaffo al momento giusto, quando educa, ancora credo che ci voglia. Le parole “disciplina” e “rispetto” fanno paura alle orecchie della gente. Suonano “cattive”, “negative” e non capisco perché. Perché forse si pensa all’estremo di quelle parole? Ma non è forse sbagliato anche l’estremo della parola amore, quell’estremo in cui invece che significare libertà significa gabbia e catene

Mi segui? 

E non so se i miei nipoti leggeranno mai questo diario. Magari sì. Magari sì ma non vedranno questa pagina. O magari no, chi può dirlo. Però non voglio più sentire scuse da voi, non lo tollererò. So che l’età vi porta a farlo, vi porta a dirle, ma se iniziate ora e vi abituate all’idea di farlo diventate solo dei perdenti. Perché credetemi quando vi dico che i perdenti quello fanno, trovano scuse. E ne trovano di così buone che poi alla fine hanno ragione loro! Perché hey, il professore pensa soltanto allo stipendio e non se ne frega degli studenti. Perché dovrei studiare la sua materia? 

Te lo dico io. 

Perché la domanda non è: “perché dovrei studiare la sua materia?”ma: “perché il professore dovrebbe fregarsene di me?” Certo che il professore pensa solo allo stipendio, quello è il suo lavoro! Lui la scuola l’ha fatta, l’ha finita. La laurea se l’è presa. Sei tu che se non passi l’esame resti lì. Ancora, e ancora, e ancora. Tu devi fregartene di te stesso non gli altri. Se studi lo fai per te non per loro. E se studi quello che non ti piace lo fai per abituarti a fare le cose che non ti piacciono. Perché indovina un po’… la vita ne è piena! O pensi forse che domani incontrerai un altro professore che invece se ne fregherá? O un capo che a lavoro se ne fregherá? O se tu sei il capo, dei dipendenti che se ne fregheranno e non lo faranno solo per lo stipendio? Pensi che tuo figlio se ne fregherá di te quando non gli darai la paghetta? Così funziona! Sei tu che devi fregartene di te stesso. Sempre. Soprattutto e specialmente quando gli altri non lo fanno. E se poi incontri chi lo fa, invece, fai tesoro di tutto quello che ti dice o di quello che t’insegna. Perché così come incontrerai professori che non se ne fregano di te, così incontrerai pure professori che invece ti cambieranno la vita. O che magari te la salveranno. Ed è alle loro parole che devi dar peso.

Perché il peso delle parole dipende da chi le dice.

Ho ricevuto tempo fa, da parte di un’azienda francese con sede qui in Cina, una proposta per mettermi in gioco nel mondo dell’arte e la possibilità di mostrare, così, il mio “lifestyle” da scrittore. Per un motivo o per un altro poi la cosa si perse ma ora sembra esser ritornata perché mi hanno ricontattato chiedendomi del materiale e se fossi ancora interessato. Ovviamente lo sono. Anche se ora conosco un po’ più il mondo dell’arte di cui fanno parte, un po’ più il mondo dell’arte di cui parlano. È un po’ quello stesso mondo in cui mi sono ritrovato partecipando a dei concorsi di scrittura tra letterati arrivando ultimo. È un po’ quello stesso mondo in cui mi sono ritrovato incontrando gente che imita Gomorra perché fa figo ma poi disprezza me perché ho un accento diverso. È un po’ quello stesso mondo in cui mi sono ritrovato quando sono state date borse di studio a chi non aveva le possibilità ma poi si è giudicato chi quelle possibilità non ce le aveva. È un po’ quello stesso mondo in cui essere romantici è bello ma se non hai la macchina e la casa, la tipa ti lascia. Quello stesso mondo in cui quando facevo rap 18 anni fa, indossando le magliette larghe di mio fratello, ero strano ma in cui chi oggi compra 500 euro di maglietta Gucci larga per fare trap è normale. Quello stesso mondo in cui il perbenismo è bene e l’ipocrisia è pane. Hai presente? E tu allora ti chiederai perché ho risposto “ovviamente sono ancora interessato” quando me lo hanno chiesto. Perché è vero! Perché lo sono. Perché mettermi in gioco mi è sempre piaciuto, specialmente in territori che non conosco. Ho sempre pensato che è troppo facile fare solo la cosa in cui sei bravo. Troppo facile solo parlare di strada a chi è di strada. Troppo facile solo parlare di scuola a chi è di scuola. Ai genitori dei figli. Ai figli dei giochi e delle avventure. A me piace rischiare e parlare ai figli dei genitori e ai genitori dei giochi e delle avventure. Parlare a chi è di strada della scuola e a chi è della scuola della strada. Perché la vita non è solo una cosa… e ancora non ho capito chi ci ha messo in testa il contrario, invece. Può andare male, dici. Ma che vuol dire andare male, ti dico io. Che vuol dire? Come può andarti male se giochi? Non ti andrebbe forse più male non giocando affatto? Solo se inviti la ragazza che ti piace a bere un caffè capisci se hai una chance oppure no. Magari è già fidanzata. Magari ti dice no. Magari ti dice sì. Come può andarti male?

Che strani questi giorni in cui metto in discussione la mia forza per un’allergia. Alterno l’essere invincibile dopo una giornata di lavoro, due workout e tre scopate, al sentirmi una merda dopo dieci starnuti, un naso chiuso che cola, l’asma e i brividi di freddo anche se fuori ci sono 25 gradi. “Ma mio nonno pure si sentiva così?” Mi chiedo. Mentre incerto penso a se fare uno spruzzino di Ventolin oppure no. Ma com’è? Gli altri sono già a maniche corte ed io per un po’ di vento metto ancora la giacca? Ricordo che ero io a decidere quando avere freddo o meno… ora che un finestrino aperto in taxi mi blocca il collo. Cos’è che ci succede? Rambo ha fatto sei film ed io non so neanche se riuscirei a sopravvivere al primo, (dovessi trovarmi in una foresta da solo). Coral dice che è tutto ok, che mi passerà, mentre senza riuscire a dormire mi accarezza come se fossi suo figlio. E forse la verità è proprio quella. Forse la verità è che in qualche modo non smettiamo mai di esserlo, figli e figlie, sin da quando veniamo messi a questo mondo. Forse oggi è uno spruzzino per l’asma, forse è una supposta, forse un raffreddore, forse una febbre, forse il COVID, forse il sentirsi soli, forse la depressione, forse una dipendenza, forse un’inadeguatezza… e forse è proprio vero che siamo interconnessi gli uni agli altri più di quanto immaginiamo. Perché possiamo fare i Rambo quanto vogliamo ma, in fondo, lo sappiamo che non possiamo fare a meno gli uni degli altri per sempre…

Mi sta venendo in mente di quella volta che ero in Astoria, nel Queens, un quartiere di New York. Era Domenica e passeggiando tra le strade di dove hanno girato “A Bronx Tale” mi trovai di fronte ad una chiesa bellissima. Sentì che dovevo fermarmi e ringrazio il cielo ancora oggi che l’abbia fatto! Infatti stava per cominciare la Messa e, anche se era in spagnolo, la seguì comunque. Fu bellissima… Viva! E sapete cos’ha detto il prete durante l’omelia, proprio guardando nella mia direzione? “Ricordate quando eravate piccoli ed eravate malati e vostra madre vi metteva l’olio vix sulla pancia? Secondo voi cos’era a farvi sentire meglio: il vix o la mano di vostra madre?” Non dimenticherò mai il senso di consapevolezza che mi avvolse in quel momento. Senso che ritorna proprio ora mentre col sorriso accetto di non riuscire a respirare perché quella mano mi salverà. 

Curiosità. Quel prete neanche a farlo a posta era italiano. Viveva in America ormai da 50 anni. Lo so perché dopo la messa mi sono fermato a parlare con lui per un po’.

Quanto è fragile l’equilibrio della vita se non lo si preserva.
Quanto è fragile.
Quando ci si lascia andare. Scorrere.
Quando ci si oppone.
Quando si combatte troppo
o quando non si combatte affatto.
Quanto è fragile.
Quando si piange ridendo.
Quando si ride piangendo.
Quando si mente.
Quando si dice la verità.
Quanto è fragile.

Ma anche il bene.
Ma anche il male.

Difficile cominciare a scrivere stamattina. Difficile perché c’è così tanto dentro, oggi, così tanto da dire che le parole potrebbero non bastare o, peggio ancora, sminuire ciò che è così grande e puro. Ma non abbiamo forse anche sminuito il valore di un “ti amo”, ripetendolo invano? Eppure è la parola che è stata sminuita non l’amore. O non abbiamo forse anche sminuito il valore della solidarietà? Con la menzogna, con il calcolo. Eppure è solo la parola che è stata sminuita non un abbraccio, non un sorriso. Alla vista di chi non ha occhi, un marito che insegna alla moglie ad andare in bici è soltanto la scena di una ritardata che non ha imparato a fare da piccola ciò che il mondo ha imparato a fare da piccolo. Alla vista di chi ha occhi, invece, la stessa scena è una scena romantica, una scena d’amore come quella di un padre che, con pazienza, insegna qualcosa alla propria figlia. Non è la scena a cambiare, lo è la nostra vista. Così come non è la scena a cambiare ma la nostra vista quando facciamo del bene… anche rischiando di venir buttati a terra. Perché non sono fatti nostri, no? Dopotutto chi ce lo fa fare! Di dare una parola di conforto ad uno sconosciuto, (abbiamo già così tanti problemi di nostro!), di fare un regalo improvviso a un amico, (e a noi i regali chi ce li fa?), di mandare un messaggio a qualcuno lontano, (potrebbe anche scrivere prima lui/lei!), di chiedere scusa, (non siamo stati mica noi a iniziare!), di dire grazie, (per tutti i favori che gli abbiamo fatto noi!), di sorridere, (perché dovremmo farci prendere per scemi se gli altri manco ci dicono ciao?), di non giudicare, (ma con me lo fanno sempre!). Non è la scena a cambiare, non lo è neanche quando veniamo buttati a terra. Perché il bene riconosce sé stesso e, il giorno in cui quel bene tornerà, verrà. Ogni azione è un’energia che muove il mondo, trasformandosi e ritrasformandosi ancora per poi tornare. Magari proprio sotto forma di un orecchio pronto ad ascoltarci. Magari proprio sotto forma di un sorriso. Magari proprio sotto forma di un grazie, di uno -scusa, di un messaggio, di un dono, di una parola di conforto, di una rinascita… di una nuova vita.